Cosa resta

Oggi al parco ho incontrato i genitori di una ex compagna del nido. Entrambi direttori di due alberghi in centro. Entrambi sono a casa, in cassa integrazione, da più di un anno. Lei non ha mai ripreso a lavorare, il suo era un albergo piccolo ma centrale, e al 90% non riaprirà. Per il marito qualche speranza in più, essendo il suo albergo molto vicino alla stazione.

Ricordo che le piaceva tantissimo il suo lavoro, me ne parlava entusiasta mentre l’anno scorso aspettavamo che passassero le poche ore dell’inserimento. Le uniche due mamme a poterci “permettere” di aspettare che passassero quelle ore davanti ad un caffè, perché lei poteva lavorare anche da casa e io attaccavo il pomeriggio. Ricordo di averla anche un po’ invidiata, per questa sua posizione che si era guadagnata con una bella gavetta.

Oggi aveva uno sguardo così triste e assente, già magra, oggi magrissima.

Cosa pensi di fare, le ho chiesto. Cosa posso fare, a 45 anni… mi ha risposto. “Non credo che lavorerò più”. Hai una vita, che ti sei costruito anche con mille sacrifici, un lavoro che ti piace e hai conquistato a fatica, che reputavi sicuro, per quanto di sicuro ora più che mai sappiamo che non c’è nulla, e di colpo ti viene spazzato tutto via così, da qualcosa su cui tu non puoi fare nulla e nessuno può aiutarti.

Provo tanta tristezza per tutte le vite prematuramente scomparse in questo anno, per tutti quei “nonni” che “eh ma avevano malattie pregresse” e che però chissà per quanti altri anni ancora forse potevano godersi la vita. Per le tante famiglie dimezzate, private degli affetti più cari, per loro di certo non ci sarà alcun ristoro.

Ma penso che ci siano anche tante altre “morti bianche” in questa pandemia, tante vittime silenziose, che sì hanno ancora una vita davanti e si può sempre ricominciare nella vita… ma da dove e come e soprattutto, quando?

Non riesco a togliermi dagli occhi e dal cuore quello sguardo… e la paura di rispecchiarmici dentro.

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Segnali dal pianeta (a) terra

Ci sono, vivo e combatto insieme a voi, in questo periodo che sembra un eterno déjà vu, un film che ricomincia e si interrompe sempre allo stesso punto.

Questa pandemia che non passa mi ha buttato decisamente a terra. Questa continua sospensione, questo vivere appesi ad un bollettino e a una mascherina, questo senso di vivere in una bolla dai confini sempre più netti ma sul punto di scoppiare in un attimo, ecco non la sto vivendo benissimo.

Stiamo tutti bene e per carità, questo è l’importante. Nella sfortuna di aver perso una enorme fetta del mio lavoro, avendo l’associazione chiusa da un anno, so di vivere in una situazione privilegiata, ma la domanda che continua a non farmi dormire la notte è sempre la stessa: fino a quando?

Fino a quando durerà questa storia e fino a quando riusciremo a resistere? Abbiamo avuto i nostri sprazzi di vita quasi normale, che comunale tanto normale non era, ma a quanto pare ad un prezzo sempre troppo alto, visto che ora siamo tornati tutti alla casella di partenza e ci siamo di nuovo dovuti rifermare tutti.

Di nuovo non sappiamo come andrà a finire. Certo, ora ci sono i vaccini, più o meno, e una luce in fondo al tunnel forse c’è, eppure perché non riesco a vederla? Vorrei tornare all’ottimismo di un anno fa, che mi aveva nonostante tutto farmi prenotare un volo per giugno perché non credevo possibile che nel XXII secolo un virus ci avrebbe tenuto bloccati troppo a lungo.

Poi sono passata dalla paura, al panico all’infinita stanchezza e alla rabbia di tutti i sogni e progetti al momento già in parte infranti, e sicuramente sospesi. In cuor mio sono sicura che ci sarà modo di ricominciare, di nuovo, che un modo, un’uscita, una soluzione si trovi sempre e resto cautamente ottimista, ma al momento lo sconforto vince. È che mi piaceva tantissimo come stavano andando le cose, la “comfort zone” che mi ero finalmente creata con le unghie e con i denti e che è durata così poco prima di esser spazzata via. Mi piaceva tantissimo, mi manca ogni giorno e ogni giorno di più che mi si blocca il respiro ogni volta che ci penso.

È incredibile come questa situazione abbia travolto le vite di miliardi di persone. E non è solo la lotta tra chi ha il lavoro sicuro e chi no, almeno non solo. Tra chi ha perso un caro e chi no. Chi in quarantena e chi no. Tutti siamo stati colpiti, purtroppo fin troppi sono stati affondati. E questa battaglia navale, con tiri alla cieca, quanto ancora durerà?

Insomma, per il momento nessuna buona nuova, speriamo in una nuova primavera, perché l’estate già so che la odio.

Il 2020 ha fatto anche qualcosa di buono

Qui continua a piovere a non finire, così per tirarmi un po’ su di morale voglio ripensare anche alle cose belle dell’anno trascorso, perché sarebbe ingiusto non riconoscerle.

La fotografia

Sicuramente questo è stato l’anno dell’innomaramento con la fotografia urbana. Facendo di necessità virtù, mi sono avvicinata con più cognizione questo tipo di fotografia, che facevo principalmente in viaggio, e ho riscoperto la mia città. E siamo riusciti a coinvolgere anche alcuni studenti, e così quest’anno mi sono anche riavvicinata con piacere all’insegnamento. Ho approfondito e acquistato libri nuovi. Ho fatto foto, purtroppo sono riuscita come sempre a vederne e sistemarne solo una piccola parte, quindi spero prossimo anno di rimediare e farmi sto benedetto corso di post-produzione.

Quest’anno mi ha regalato anche qualche piccola soddisfazione a diversi concorsi fotografici a cui ho partecipato. Niente di particolarmente grosso anche se su un paio ci sono andata più vicina e ne sono contenta. Ho partecipato sempre con le foto dei Seto, dopo il bellissimo editing che mi ha fatto la photoeditor NatGeo, e ogni volta rivedere quelle foto è un magone perché non vedo l’ora di tornare lì e aggiunere ciò che manca.

La bimba

Mai come quest’anno mi sto godendo Vitto. Dopo il primo anno “burrascoso” e faticoso, ora c’è più complicità e diventa ogni giorno più bello e complice il nostro rapporto. Certo, la stanchezza c’è sempre, a volte le giornate sono più difficili, infinite e ripetitive… farle fare cose nuove, intrattenerla, non cedere alla comodità della Tv… credo che questo tempo sia in assoluto il più prezioso perché davvero non tornerà.

La dieta

Ebbene sì, dopo due mesi di sacrifici sono finalmente riuscita a tornare al peso pre-gravidanza e anche qualcosa di meno. Una gioia infinita… purtroppo breve perché il tutto è successo poco prima delle feste e chiaramente lasciarsi andare in questi giorni è stato facile. Purtroppo ho usato fin troppo il cibo quest’anno come svago o mezzo consolatorio… a volte ci sta ma troppo spesso si rivela essere l’esatto contrario, e finisci col pagarne le conseguenze in termini di stanchezza, affaticamento. Quindi, sicuramente ingrasserò e dimagrirò di continuo in questo nuovo anno perché lo faccio da 41 anni… ma passate queste feste si torna in riga.

Le vacanze

Anche se lontane dai luoghi che più amo, e al di là di ogni aspettativa, siamo riusciti a farci delle belle vacanze. Purtroppo spesso mi faccio l’idea che la fuga o lo svago esista solo laddove si prenda un aereo… il che è vero fino in parte. Certo per me viaggiare vuol dire tanto scoprire e incontrare genti e usanze diverse dalle mie e chiaramente, più lontano vai e più questo accade. Ma oltre a scoprire c’è anche il piacere di ri-scoprire posti e luoghi cari. Quindi sicuramente tornare su in Friuli, tra Austria e Slovenia, insieme alla bimba, è stata la vera oasi pace da questo anno infame. E non sono così tanto sicura di poterlo fare l’estate prossima… chissà. Quello che credo con molta probabilità è che difficilmente riprenderemo un aereo nel 2021, quindi ben vengano se possibile, viaggi on the road.

Poi ci sono tante altre piccole cose, come la gioia e la comodità del Dyson, i capelli finalmente più lunghi (anche se ancora non come vorrei) i nuovi giochi che incantano Vitto, i primi braccialetti e orecchini fatti da me, un altro anno con Holghina, mio marito più spesso a casa e vicino a noi, vivere la mia casa. Insomma, nella tragicità di molti, credo sia fondamentale per noi stessi saper riconoscere le nostre fortune e accorgersi di quando si sta bene, perché niente può esser mai scontato.

Poi spero di parlare anche di buoni propositi… ora mi aspetta un Puzzzzlo! 😄

Piove, nuovo anno ladro!

Il 2021 è iniziato con una pioggia battente che non sembra affatto voler smettere. Forse l’intento è lavare via tutto lo sporco e le brutture dell’anno passato e quindi tocca mettersi l’anima in pace, ce ne vorrà ancora per molto.

Volano, come sempre, le vacanze di Natale. Mai come quest’anno mi sono imposta un po’ di risposo, soprattutto digitale, fino al 6 gennaio… che ecco fare capolino sempre più, da qui ansia notturna a go go.

Visti i precedenti con cui ci siamo lasciati, caro 2020, non si riesce ad iniziare questo nuovo anno con particolare serenità ed entusiasmo … anzi. Purtroppo non penso che le cose miglioreranno da qui a breve e inizia sempre più a serpeggiare in me il dubbio se mai riuscirò a tornare a lavorare… ossia, se quando tutto sarà finto ci sarà ancora il mio lavoro. Qui si continua tutto online, da qui la forte esigenza quest’anno di stacco. Mi manca stare dietro al bancone, parlare con gli studenti, presentar le serate nonostante ogni volta le paranoie.

Sono stanchissima, nonostante non dovrei esserlo, perché tutti i pensieri che si affastellano, soprattutto la notte, mi sfiancano. Le feste sono praticamente finite, bellissimo quest’anno il Natale di Vitto, la cosa più bella che ha dato senso a queste feste a scartamento ridotto. Non vedo alcuni amici da tempo, nonostante adori la mia casa, temo che questa solitudine protratta non cela toglieremo più di dosso.

Libri su libri si avvicendano, giochi, cartoni, facebook, spese alimentari e sigarette elettroniche sono il perno delle mie giornate. Ho perso un po’ il conto di tutto, faccio ancora un po’ fatica a dimenticare l’ultima mia vita, il lavoro in agenzia… mi sembra passato un secolo invece è poco più di un anno. Insomma non riesco a togliermi di dosso la frustrazione di un anno che doveva essere la mia rinascita- lavorativamente parlando – invece è stata un po’ una tomba. Tanti progetti in sospeso che chissà quando… altri certamente partiti ma, ripeto, fino a quando? Sono più le giornate che mi scopro a scuotere la testa, ancora incredula, a quelle ottimiste. Non riesco a fare un bilancio di questo anno perché lo trovo troppo “fuori concorso”…

Guardo solo questa pioggia incessante sperando che sia propiziatoria… lava via, lava bene ma ti prego sole, torna presto.

Buon anno cari!

Nel frattempo

Nel mezzo del cammin di questo autunno, ci ritrovammo di nuovo in piena pandemia, semi bloccati in casa.

Non se ne esce ancora, e la fine sembra ancora molto lontana… ammesso che ci sarà mai, boh. Ci sono giorni così negativi che penso che non ne usciremo più, che non torneremo a viaggiare, a lavorare con gli altri, ad abbracciare, stringere mani. Altri giorni, talmente oramai abituati a questa vita di mezzo, che i numeri, i morti e i contagi, scivolano addosso. Eppure, questa ondata sembra più forte e se a marzo mi sembrava un evento così lontano, stavolta sono sempre più le persone che conosco, vicine o più lontane, che si sono imbattute in questo ospite malvagio.

Roma sembra per certi versi ancora un’isola “felice”, le restrizioni ci stanno toccando fino ad un certo punto e siamo ancora ben lontani dalle condizioni folli di marzo, il che onestamente non so se sia un bene. La cosa più snervante è vivere in questa incertezza, di un domani che può cambiare nel corso di poche ore, nel non poter fare programmi neanche a breve termine, e sentirti quasi costretto ad anticipare tutto.

L’unica cosa che al momento mi è di nuovo cambiata, è il lavoro, perché sono di nuovo a casa. Tanto lo immaginavo che sarebbe accaduto ( come penso riaccadrà a marzo…), ero così felice di aver ripreso la mia routine, di lavorare nel mio posto, invece di nuovo a casa a rosicchiare forza e volontà per crearmi qualcosa di nuovo da zero, o quasi.

La domanda che mi ritorna ciclicamente in testa è cosa avrei fatto con il vecchio lavoro se avessi saputo che le cose sarebbero poi andate così… il porsi costantemente sotto una lente, il pensiero di scegliere male, di un futuro sempre più incerto. Per me abituata a programmare sempre tutto e mantenere il controllo, una situazione del genere non è l’ideale e il languore che l’accompagna, rischia di farmi scivolare giù. Difficile mantenere l’equilibrio. Certe giornate non fanno in tempo ad iniziare che sono già finite e in mano non mi ritrovo niente, o almeno così sembra. Altre, quelle in cui riesco ad immergermi più nello studio e meno nel divano, mi tirano su.

Di certo, l’aspetto più bello è il rapporto con la mia Vitto, e il pensiero che al contrario avrei potuto vederla e godermela per poche ore al giorno, mi fa stare meglio. La verità è che mi sento in colpa per questa mia vita lenta, a cui non sono mai stata abituata. Non ho controllori, ho poche e misurate scadenze, posso organizzarmi come voglio, e sono così felice per questo che come sempre non credo di meritarlo.

È davvero troppo bella questa situazione, il lavoro che sono riuscita a ricrearmi, che è un lavoro nonostante sia io la prima a metterlo in discussione, che la paura che questo maledetto virus spazzi via tutto è forte. Perché non ci si può fare nulla. Perché se devi stare chiuso devi stare chiuso. Puoi riventarti mille cose online… ma fino a quando? Fino a quando si può reggere questa corsa contro il tempo prima che tutto vada in malora?

Persino il Natale, quest’anno, non sarà il periodo bello di sempre per me, e se non potrò vedere la mia famiglia, gli amici, sarà davvero triste. Tutto si fa se si deve, ma per favore basta con la retorica che deve andare bene per forza.

Two years after

E anche il traguardo dei due lo abbiamo tagliato. Quest’anno con meno festeggiamenti, data la situazione che non accenna a migliorare più di tanto, ma con te decisamente più presente ed entusiasta di spengere le tue candeline per la prima volta.

Sembra ieri, lo so è banale, ma per tante cose è così. Sembra ieri perché quel 21 settembre 2018 lo ricordo ancora benissimo ed è stato senz’altro uno dei giorni più belli della mia vita (ecco magari eccetto quelle due ore di dolore dalle 19 alle 21…). E poi tutto è cambiato ed ora mi sembra così strano ripensare alla nostra vita senza di te.

Sembra ieri che scrivevo accadaldata da un treno, invece è già trascorso un mese e questo settembre assurdo sta già paurosamente per finire, ed io non ho ancora fatto o iniziato molte delle cose che mi ero prefissata di fare.

Sembra ieri quando con molte difficoltà, paure e notti insonni (che aimè, ancora mi fanno compagnia), prendevo la decisione di staccare dalla mia vita lavorativa precedente e ributtarmi a capofitto nelle mie cose e nella mia vita con te. Ovviamente, come da copione, non sento quasi più molti dei miei vecchi colleghi né sono arrivati più lavori. A volte me ne dispiaccio, pensavo di aver lasciato un segno e che si sarebbe sentita la mia “mancanza”, ma nel lavoro va così, in fondo siamo tutti rimpiazzabili, bene o male. Nonostante le difficoltà e le incertezze, il contributo inps che man mano si assottiglia, sono sempre più convinta della decisione presa e che quella vita, non faceva più per me.

Sembra ieri in cui mi ero fatta mille progetti sui tanti progetti che mi avrebbero aspettata e in parte sì, è andata così. Ma poi è arrivata una pandemia e tutto è rimasto sospeso per un po’. Ora, che tutto il mondo ha deciso che occorre andare avanti, io come sempre annaspo.

Ma per fortuna non sono sola. E per fortuna, grazie a te, nonostante il mio ipercriticisimo e le mie severità, so che nonostante tutto non sto perdendo tempo. Perché il tempo che mi sottraggo, a parte le rare volte in cui cado in coma sul divano, lo stiamo passando insieme e facciamo un sacco di cose. La verità è che spesso, mi sento in colpa di dedicare troppo tempo a te… pensa un po’. Perché nella società di oggi, in cui bisogna esser sempre madri super performanti, che incastrano alla perfezione carriera e genitorialità, ho scelto che preferisco stare con te. Guardare un cartone, passare le ore al parco, i risvegli lenti, i giochi. A volte mi annoio certo, ma quanto sono serena con te – quando riesco a metter da parte il senso di colpa e la costante paragonite con i successi altrui – mai prima.

Hai, abbiamo avuto la sfortuna di capitare in un anno in cui ciò che sembrerebbe più normale, come andare a scuola e stare con altri bimbi, diventa una scomessa troppo pericolosa, che non ci sentiamo di giocare. Ma al contempo stare insieme, sembra quanto di meno pedagogico di sempre.

Ma io vedo la tua serenità, i tuoi sorrisi, i tuoi abbracci, i tuoi cambiamenti abissali per una bimba di questa età e penso che forse tutto sommato, male non stiamo andando.

In questa ennesima riorganizzazione, troverò il modo di ripartire anche io, in qualche modo lo sto facendo, ma se non riesco a vedere i miei successi, dovrei cercare di specchiarmi di più nei tuoi occhi e trovare lì tante risposte.

Ritroverò, prima o poi, la forza di ritornare a fare cose che ancora mi spaventano o rimando, di non cedere all’accidia e rimettermi un po’ in forma, di ascoltare il tuo sonno sereno e ritrovare il mio.

La verità è che questo mese lo vivo per la prima volta di passaggio, accetto la sfida della lentezza e dei tuoi tempi, per provare a ripartire con più slancio poi. Ma tu intanto, non smettere di crescere, così meravigliosamente libera e felice. Anche se tenerti in braccio è sempre più faticoso e forse tra poco non ci riuscirò più e invece mi sembra ieri che eri così piccola e sempre attaccata a me da non farmi respirare. Cresci, ma tienimi ancora un po’ stretta a te. Auguri amore mio.

Salvation is (not) free

Ultimo (credo) viaggio in treno di questa estate particolarmente vacanziera che sembra non finire mai.

Siamo agli ultimi strascichi, vicini vicinissimi al solito giro di boa di quella piaga che è il compimento degli anni e l’avanzare della vecchiaia, che ogni anno ci allontana sempre un po’ dai progetti insoluti, dalle cose non fatte, dal vorrei potrei ma poi non accade mai. E dopo una lunga “pausa” dalle angosce pandemiche, ecco riavvicinarsi lo spettro di un nuovo lockdown. Ed io, che in tutti questi mesi mi sono ancorata ad un insolito ottimismo, inizio a vacillare.

Era abbastanza prevedibile che l’estate, i viaggi, lo spostarsi, i dati apparentemente incoraggianti, la coglionaggine e il menefreghismo italiani, sortissero una recrudescenza. E forse forse, scemando l’estate, siamo ancora in tempo ad arginare il salvabile. Tuttavia, l’autunno si avvicina e niente fa presagire che tutto possa andare bene e tornare alla normalità. Ancora, purtroppo no.

Quindi, dopo un’estate piacevole, ma via via sempre più faticosa visto l’avanzare galoppante dei terrible twos della mia gnappa, inizio sempre più a capire che, purtroppo, la scuola a settembre sarà solo un miraggio.

Perché anche ammesso che riparta, e boh possa durare, purtroppo temo sia il momento di prender atto dello stato di forza maggiore – la salute first of all – e accettare quella vocina petulante da mammina dal perenne senso di colpa che no, forse stavolta davvero – ancora – non è il caso. E vedere quanto la mia bimba ami e cerchi i suoi coetanei, mi spezza il cuore.

I dubbi e i pensieri si affestallano di continuo nelle notti più calde… che fare? Provare? Vaccinare? Aspettare e nel frattempo comunque pagare la salata retta del nido in attesa di un miglioramento? (Tipo il mio abbonamento in palestra che rimane lì, pagato a vuoto…) con l’angoscia poi che con la mia condizione lavorativa, c’è la stragrande possibilità che non venga poi neanche ammessa alla scuola d’infanzia pubblica.

Senza contare che se continua così l’associazione potrebbe di nuovo non riaprire, e io non avere di nuovo nessun’altra valvola di sfogo lavorativo che non sia l’online. Non posso pensare ad un lungo autunno/inverno h24 con mia figlia, sempre, con quella routine svizzera da incubo – colazione, passeggiata, pranzo, ninna, merenda, parco, bagno, cena, ninna – e in più con lei in questa fase di capriccio continuo.

Non posso pensare di dover tenere in stand-by – ancora – tutti i miei progetti e la voglia di rimettermi in gioco perché il tempo scorre sempre più.

Ma, purtroppo, siamo capitati in questo girone dantesco imprevedibile, che opporsi all’ovvio oramai assume un sapore sempre più ridicolo.

Per cui, forse quest’anno per la prima volta vorrei che questa estate, e l’illusione di farcela, non finisca mai. Che non arrivino le pioggie, la stagione del chiuso, i maglioni e i cappotti. Che non arrivino settembre, le decisioni, la certezza che non potrai – ancora per un po’- riavere te stessa e il tuo tempo.

Respirerò a pieni polmoni questi ultimi 4 giorni di stacco e – forse – di notti senza sonniferi, per fare scorta di bellezza, energia, positività, forza, coraggio da tirare fuori al momento del bisogno.

Sì, 4 giorni per la salvezza. Me li merito.

Estate, no grazie!

Non ricordo con precisione da quando ho iniziato a odiare l’estate. Probabilmente nell’adolescenza, fin quando l’idea di 3 mesi di vacanze di contro alle uscitine con le amiche a Roma, ha iniziato ad annoiarmi.

O sicuramente da quando sono iniziati i confronti con i corpi delle altre. Ho avuto sempre la “fortuna” di circondarmi di amiche molto più magre di me, tutt’ora è così – basti pensare che di tutte le amiche mamme sono l’unica che ancora, a distana di due anni, non sono riuscita a tornare al peso iniziale – quindi confrontarmi con loro, con le mie rotondità, il seno sempre più grande delle altre, la pancetta laddove c’erano solo tavole piatte, mi ha sempre messo a disagio e chiaramente i mesi in costume ampliavano il disagio. Chiaramente ora darei milioni per pesare o essere come quel periodo, ma non riesco mai a scegliere gli specchi giusti. Riguardo alcune foto e mi vedo così bella e mi rattristo del tanto tempo perso, allora come anche un po’ oggi, ad odiare certi difetti tralasciando invece il resto dei miei pregi (aoh qualcuno ne avrò anche io!). Del resto, non sono neanche poi così pochi quelli a cui ho fatto girare la testa in gioventù. Chiaramente quasi mai quelli giusti.

Eppure, ho trascorso sempre estati serene, i miei genitori mi hanno sempre fatto viaggiare molto, visitando tanti posti che ora per me sono inaccessibili, e passati i primi anni al mare di estrema introversione, in cui mi appellavo ai consigli di Cioè su come riuscire a fare amicizia con la vicina di ombrellone, sono poi riuscita a farmi tanti amici, molti ovviamente persi. E poi è arrivata l’età dei viaggi sola o di come facesse più comodo stare sola a Roma con i genitori e in vacanza.

E poi, quanto meno ero abbronzata e bionda. Non ricordo se da ragazza soffrissi così tanto il caldo o facesse così caldo, ad ogni modo conosco ben poche persone o ragazze che in questa stagione riescono a sudare così tanto come me.

Per cui, finiti i giorni di vacanza, man mano sempre meno, il restante lungo tempo estivo per me è un combattere contro zanzare e pizzichi fastidiosi e ridicoli, notti insonni, sudore, sudore ovunque: sui baffetti, sotto le ascelle, nei capelli, tra le cosce ed è un disagio pazzesco, anche ora che sono sul treno e sono l’unica a sudare così tra i miei vicini. E poi sempre a far cerette, i capelli che non riesco neanche più a legare in modo decente, sempre da scappata di casa. E la pressione sotto le scarpe. E poi sì che bello, aperitivi all’aperto su aperitivi, pizzate, gelati… se non fosse che oramai ogni strappo diventa un chilo in più o una nottata abbracciata al blister del Maalox. E poi appunto, non mi abbronzo più, poco sole e male. Ieri un’ora di sole in più ed è stato subito eritema sulla schiena. E che cazz!

Insomma credo sia più facile amare questa stagione se si è belli tonici, asciutri, abbronzati, magri, con i capelli che non si arricciano alla pazza e sembrano una scopa secca.

Ma nonostante queste mie sciocchezze, come come fate a stare bene se da qui ai prossimi 30 giorni minimo ci aspetta una media di 38 gradi? Odio odio odio.

Insomma, per superare l’estate, ci vuole proprio il fisico. In senso lato e letterale.

Intermezzo estivo

Sono sul treno che da Roma mi riporta a Tarquinia dalla mia gnappa. Ancora qualche giorno da pendolare visto che fortunatamente a Roma sto lavorando a un breve corso di fotografia urbana che mi sta dando qualche bella soddisfazione.

Il treno è strapieno, fortunatamente climatizzato, siamo tutti mascherina muniti, deo gratias. Mi guardo intorno e ancora non riesco a capacitarmi di questa situazione che ancora continuo a ritenere assurda. E soprattutto, senza possibilità di alcuna previsione.

Siamo in una estate sospesa. Tra la voglia di ricominciare, il fregarsene, la paura, il sospetto, la dimenticanza. E una pesante sensazione di una nuova crisi che possa incombere. La mia generazione è abbastanza abituata alle incertezze, su molti aspetti, in primis su quello lavorativo. Ma così è tosta davvero. Fare programmi, perché la vita è fatta di programmi, che spesso possono esser disattesi… ma non lo sai mai prima. Qui potrebbe essere quasi una certezza che tutto quanto previsto per l’autunno, possa non avere luogo. O accadere non si sa bene come.

Io continuo a mantenere lo stesso atteggiamento ottimista degli ultimi tempi perché altrimenti non riuscirei a respirare. Sono fiduciosa che si troverà il modo di andare avanti con le nostre attività in autunno o che ci inventeremo qualcosa, come fatto anche prima.

Rimane la grande incertezza sul futuro scolastico di Vitto. In questi giorni di semi relax marino, rileggevo appunti dei miei ultimi mesi lavorativi, esattamente un anno fa, di come sia tutto precipitato da subito, della mia insofferenza. Ricordo con molto affetto quel posto e mi manca, nelle persone – chiaramente non tutte – nella apparente sicurezza che ci dà il gruppo, il “posto fisso” di contro all’esporsi in prima linea a tutte le intemperie e alle incertezze, mai come in questo periodo. Eppure la serenità che ho conquistato in questi mesi, la maggiore consapevolezza di alcune mie capacità o dei miei limiti, la voglia di fare progetti, di crescere, di mettermi in gioco… sono emozioni che non provavo da tempo. È stato un anno bellissimo e intenso, nonostante tutto, e non tornerei indietro, neanche sapendo cosa mi avrebbe propinato sto 2020.

Dell’estate, che odio, prendevo il bello del viaggiare, di approfittare finaldi questo tempo per raggiungere i miei altri mondi ideali. E in questi mesi di blocco forzato, ripenso ai luoghi più cari e a dove mi piacerebbe stare: nella piazzetta di Riga, tra i canti dei Seto, su un porto sperduto, tra le dune lettoni, a rimirare il sole di mezzanotte, nel villaggio di Babbo Natale, a caccia di souvenir, russi in particolare, a scattare foto con l’illusione delle grandi cose. Ma Anche luglio sta finendo, rimane un ultimo grande mese di caldo, sudori, capelli ingestibili, pancia e ciccie che spuntano, aloni sui vestiti, un anno in più sul groppone,ma voglio godermi appieno ogni istante, senza rinunce.

Diario friulano

Una vera manna dal cielo questa settimana friulana che siamo riusciti a strappare in questa annata malefica, sgraffigando dal monte ferie deturpato e dall’inquietudine di un brutto sogno che sembra farsi ricorrente.

Mentre finiamo questa vacanza sudata come non mai, continuano infatti a scorrere i numeri che in alcuni posti sembrano non esser mai calati, e qui sembrano tornare a far preoccupare. Ovunque è un monito a: si tornerà al lockdown, si tornerà come prima ad ottobre. E allora quanto mai queste giornate appaiono preziose, preziosissime. Una boccata d’aria fresca dopo mesi stantii dietro a una mascherina sudata.

Mascherine che qui, si vedono assai poco. Molto poco in Slovenia, praticamente per niene nella rigida e bacchettona Austria, che fino a ieri voleva chiudere tutto e ora a passarci sembra che non abbia neanche saputo che sia esistita una pandemia. È tutto così surreale, un paese a due facce, tra il terrore e la faciloneria. A me non sembra affatto un’estate diversa dal solito, e questo da una parte a volte mi rincuora ma dall’altra invece mi spaventa. È tutto così surreale.

Quest’ultima giornata ci lascia con un gran temporale, dopo lunghi giorni di sole e temperature inaspettate. Bello tornare nei luoghi che mi hanno vista crescere con una bimba in piena fase esplorativa e vederla sorridere, essere libera e felice, ogni giorno di più.

È sempre brutto ripartire, ma forse ancora di più da posti così cari, dove una liturgia di vecchie abitudini tendono a reiterarsi negli anni, che se poco poco si salta una tappa, salta tutto il bello del viaggio.

Colazioni e aperitivi sul terrazzo vista monti, dolciumi a volontà, i laghi, i monti, le cave, persino i negozi ricordano ricordi che è troppo bello rivivere e riscrivere.

Troppi posti belli per soli 8 giorni, ma mai come quest’anno sono felice di averli potuti vivere, con occhi nuovi, fino all’ultimo, e se dovremo tornare a rinchiuderci… almeno avrò avuto questo piacere.

Tornare al caldo torrido e ad una lunga estate romana, mamma mia quanto non mi va!