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Cosa resta

Oggi al parco ho incontrato i genitori di una ex compagna del nido. Entrambi direttori di due alberghi in centro. Entrambi sono a casa, in cassa integrazione, da più di un anno. Lei non ha mai ripreso a lavorare, il suo era un albergo piccolo ma centrale, e al 90% non riaprirà. Per il marito qualche speranza in più, essendo il suo albergo molto vicino alla stazione.

Ricordo che le piaceva tantissimo il suo lavoro, me ne parlava entusiasta mentre l’anno scorso aspettavamo che passassero le poche ore dell’inserimento. Le uniche due mamme a poterci “permettere” di aspettare che passassero quelle ore davanti ad un caffè, perché lei poteva lavorare anche da casa e io attaccavo il pomeriggio. Ricordo di averla anche un po’ invidiata, per questa sua posizione che si era guadagnata con una bella gavetta.

Oggi aveva uno sguardo così triste e assente, già magra, oggi magrissima.

Cosa pensi di fare, le ho chiesto. Cosa posso fare, a 45 anni… mi ha risposto. “Non credo che lavorerò più”. Hai una vita, che ti sei costruito anche con mille sacrifici, un lavoro che ti piace e hai conquistato a fatica, che reputavi sicuro, per quanto di sicuro ora più che mai sappiamo che non c’è nulla, e di colpo ti viene spazzato tutto via così, da qualcosa su cui tu non puoi fare nulla e nessuno può aiutarti.

Provo tanta tristezza per tutte le vite prematuramente scomparse in questo anno, per tutti quei “nonni” che “eh ma avevano malattie pregresse” e che però chissà per quanti altri anni ancora forse potevano godersi la vita. Per le tante famiglie dimezzate, private degli affetti più cari, per loro di certo non ci sarà alcun ristoro.

Ma penso che ci siano anche tante altre “morti bianche” in questa pandemia, tante vittime silenziose, che sì hanno ancora una vita davanti e si può sempre ricominciare nella vita… ma da dove e come e soprattutto, quando?

Non riesco a togliermi dagli occhi e dal cuore quello sguardo… e la paura di rispecchiarmici dentro.

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