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Estate, no grazie!

Non ricordo con precisione da quando ho iniziato a odiare l’estate. Probabilmente nell’adolescenza, fin quando l’idea di 3 mesi di vacanze di contro alle uscitine con le amiche a Roma, ha iniziato ad annoiarmi.

O sicuramente da quando sono iniziati i confronti con i corpi delle altre. Ho avuto sempre la “fortuna” di circondarmi di amiche molto più magre di me, tutt’ora è così – basti pensare che di tutte le amiche mamme sono l’unica che ancora, a distana di due anni, non sono riuscita a tornare al peso iniziale – quindi confrontarmi con loro, con le mie rotondità, il seno sempre più grande delle altre, la pancetta laddove c’erano solo tavole piatte, mi ha sempre messo a disagio e chiaramente i mesi in costume ampliavano il disagio. Chiaramente ora darei milioni per pesare o essere come quel periodo, ma non riesco mai a scegliere gli specchi giusti. Riguardo alcune foto e mi vedo così bella e mi rattristo del tanto tempo perso, allora come anche un po’ oggi, ad odiare certi difetti tralasciando invece il resto dei miei pregi (aoh qualcuno ne avrò anche io!). Del resto, non sono neanche poi così pochi quelli a cui ho fatto girare la testa in gioventù. Chiaramente quasi mai quelli giusti.

Eppure, ho trascorso sempre estati serene, i miei genitori mi hanno sempre fatto viaggiare molto, visitando tanti posti che ora per me sono inaccessibili, e passati i primi anni al mare di estrema introversione, in cui mi appellavo ai consigli di Cioè su come riuscire a fare amicizia con la vicina di ombrellone, sono poi riuscita a farmi tanti amici, molti ovviamente persi. E poi è arrivata l’età dei viaggi sola o di come facesse più comodo stare sola a Roma con i genitori e in vacanza.

E poi, quanto meno ero abbronzata e bionda. Non ricordo se da ragazza soffrissi così tanto il caldo o facesse così caldo, ad ogni modo conosco ben poche persone o ragazze che in questa stagione riescono a sudare così tanto come me.

Per cui, finiti i giorni di vacanza, man mano sempre meno, il restante lungo tempo estivo per me è un combattere contro zanzare e pizzichi fastidiosi e ridicoli, notti insonni, sudore, sudore ovunque: sui baffetti, sotto le ascelle, nei capelli, tra le cosce ed è un disagio pazzesco, anche ora che sono sul treno e sono l’unica a sudare così tra i miei vicini. E poi sempre a far cerette, i capelli che non riesco neanche più a legare in modo decente, sempre da scappata di casa. E la pressione sotto le scarpe. E poi sì che bello, aperitivi all’aperto su aperitivi, pizzate, gelati… se non fosse che oramai ogni strappo diventa un chilo in più o una nottata abbracciata al blister del Maalox. E poi appunto, non mi abbronzo più, poco sole e male. Ieri un’ora di sole in più ed è stato subito eritema sulla schiena. E che cazz!

Insomma credo sia più facile amare questa stagione se si è belli tonici, asciutri, abbronzati, magri, con i capelli che non si arricciano alla pazza e sembrano una scopa secca.

Ma nonostante queste mie sciocchezze, come come fate a stare bene se da qui ai prossimi 30 giorni minimo ci aspetta una media di 38 gradi? Odio odio odio.

Insomma, per superare l’estate, ci vuole proprio il fisico. In senso lato e letterale.

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I giorni dello scazzo

È stata una settimana durissima a lavoro e stasera finalmente tiro un po’ il fiato.

Sto su 5 progetti di cui due belli grossi e seguirli contemporaneamente mi sta mandando ai pazzi anche se stasera quando ho visto le cose che, tuttosommato, filano, un po’ mi sono rincuorata. Grazie anche alla fortuna di colleghi molto bravi, con cui ogni tanto litigo, ma che sono davvero preziosi e da cui imparo sempre qualcosa in più. 

Ho fatto sempre tardi, tutto il mese sarà probabilmente così per cui dovrò organizzarmi per andare in palestra la mattina presto. Sono nervosa e ho una mail in canna a cui penserò tutto il weekend se spedirla o meno. Perché se qualcosa non cambia, e deve cambiare adesso, non riesco a stare tranquilla. 

Penso continuamente alle mie scelte, mi interrogo se siano state quelle giuste, poi penso di sì ma il mio carattere mi manda ai pazzi perché a quasi 40 anni non cambierò mai e non riesco a prendere le cose di petto, con il giusto piglio, affrontandole razionalmente anziché arrovellarmi dentro e sempre contro di me.

Tuttok e niente in ordine

Dunque, facendo un breve riepilogo, ieri ho finito la terza gara nel giro di 20 giorni. Sono state settimane matte e disperatissime, si raggiungono livelli di ansietà in agenzia che diventano affari di stato i sinonimi, le virgole e ogni benché minima sfumatura. Latito da sport e vita sociale visto che nel frattempo ho avuto una cosa come tipo 10 eventi quasi di fila in associazione più tutti i corsi da far partire e pare che l’abbiamo svangata anche stavolta. Livelli di nicotina altissimi. Tempo dedicato allo sport molto poco. Ore di sonno normali ma livello di sonno quotidiano patologico, forse dovuto al fatto che ho il ferro ai minimi storici e non riesco a trovare il tempo per andare dal dottore.

Nel frattempo però ho iniziato un’altra dieta più umana e normale, per quanto sempre dieta è, ma con tutto lo stress sono tornata subito al peso di mesi fa per cui la nutrizionista sarà molto fiera ma non so quanto dipenda da lei.

Frattempo all’alcol nemmeno rinuncio più di tanto, tipo oggi che sono al locale e prima delle 21 anche oggi non si stacca ma volevo brindare al mio essere viva.

Nonostante i dubbi e le incertezze, il sentirsi spesso inadeguata, il continuare a  smazzare senza mai una pacca sulla spalla né morale né men che mai materiale. Continuo a guadagnare meno di un operaio non specializzato che, per carità, tanto di cappello e forse lui fatica più di me, ma forse visto tutti gli sforzi nella vita speravo in qualcosina di più. Ma niente, devo mettermi in testa di rientrare nella stragrande maggioranza dei coetanei sfruttati. E devono capirlo anche i miei. Quindi, se voglio stare tranquilla, dovrò continuare a smazzare sempre il doppio, vedere panni accumulati, cumuli di polvere e disordine, con la magra consolazione, almeno, di fare qualcosa che mi piace.

So anziana e sociopatica

A quanto pare un’orda di studentesse universitarie, con il loro tempo libero, le loro Smart, i fisici asciutti, le tette piccole, i capelli lisci e profumati di Panten, nessun’ombra di pelo fuori posto, l’obbligo morale di non distanziarsi troppo con i tappetini, l’energia e la voglia di chiacchierare e ridere a manetta alle 21 di sera, ha trovato la mia palestra.

Mi salvi chi può.

Il “caso” Anais

Vorrei raccontarvi questa piccola avventura con la ASL regionale che mi è capitata ed è davvero esilarante. O forse no.

Mi arriva qualche settimana fa la lettera in cui mi avvisano di avermi riservato un pap test gratuito x il 24 gennaio, facendo parte del programma di screening ginecologico della Regione. Bene, penso, devo proprio rifarlo e stranamente leggendo bene l’appuntamento è per questo anno non fra un’eternità come si è soliti nell’assistenza pubblica.

Leggo però che il centro che mi è stato assegnato è davvero fuori mano rispetto a dove abito ora perché di fatto io risiedo ancora a casa dei miei e sarebbe comunque molto distante anche da lì.

C’è però un numero verde  da chiamare in caso si voglia cambiare data o anche centro, quindi ci provo e chiamo. Dopo la solita attesa di diversi minuti mi risponde un’operatrice gentile a cui chiedo, visto che ora sono domiciliata ad un altro municipio, se è possibile cambiare centro. Mi risponde che sì, certamente è possibile ma occorre essere assimilati dall’altra ASL di pertinenza e che lei non può farlo. Mi dà quindi un altro numero e mi saluta dicendomi “Se dovesse avere problemi… mi richiami e vediamo di spostarlo ad un consultorio più vicino”.

Ok, chiamo nuovo numero, altra attesa, mi risponde un’altra operatrice a cui rispiego la tiritera ed ovviamente non è così semplice. “Non mi è mai capitato un caso del genere, devo parlarne con il dirigente” ed io rispondo “Cioè a Roma nessuno cambia domicilio?” e lei “No certamente solo che non mi è mai capitato di dover gestire un’emergenza”…
Le spiego che non ho parlato di nessuna emergenza, che il mio appuntamento può anche slittare di qualche mese certo, se lo spostano di un anno allora no, pazienza, vado all’altro centro ma lei mi tranquillizza dicendomi che è normale essere scoraggiati sui tempi della sanità pubblica ma che loro sono veloci e che se le mando una mail o un fax con copia del mio documento non dovrebbero esserci problemi. E così faccio. Passa una settimana e non ricevo risposta allora li sollecito e mi rispondono dicendomi che avevano provato a contattarmi (non mi risulta) e che comunque è tutto apposto, mi hanno acquisito alla nuova ASL e il nuovo appuntamento è fissato per il 25gennaio, alle 9, praticamente a 500 metri da casa.
Perfetto penso, neanche devo prendermi il permesso in ufficio… hai visto che non tutto va poi così male, penso. Poi leggo per bene la mail e si dice che se la data dovesse capitare durante il ciclo o tre giorni a ridosso, l’esame non può essere fatto.
Merda… non ci avevo pensato. Guardo il calendario e… ovviamente capita in quei giorni lì. Per cui aimè rispondo dicendo appunto che la data non va bene per questi motivi e se è possibile cambiare, aggiungo inoltre che dove lavoro purtroppo il mio cellulare non prende bene e per questo se è possibile rispondermi via email come fatto sinora.
Stamattina quando mi alzo e prendo il telefono, non è una cosa che faccio subito, noto una sfilza di chiamate da un numero che non conosco e mi viene un sospetto… apro la mail e trovo un loro messaggio di ricontattarli ad un numero perché devono parlarmi della mia situazione…
Boh, penso, magari vogliono propormi più date? Chiamo ma entrambi i numeri forniti sono sbagliati… mi risponde un altro reparto della ASL, piuttosto scocciato e che non sa assolutamente come inoltrarmi al numero corretto. Riprovo al centralino ma niente allora gli riscrivo…

Mi richiamano e mi dicono che no, si sono sbagliati… che non posso essere acquisita a nuova ASL perché Roma su Roma non è permesso…
“In che senso scusi?” chiedo… no perché non è che Roma sia un paesino, è enorme e mi sembra assurdo che se si è domiciliati, nella stessa città, in un altro municipio, si debba far riferimento al vecchio che può essere anche a 30 km di distanza!
“Eh no se ad esempio lei ora vivesse a Ostia, che è fuori Roma – e veramente non è proprio così…- allora sì la spostavamo ma visto che si tratta sempre di Roma no. Guardi mi spiace molto, se vuole richiamo io l’altra ASL e sollecito che le riassegnino un altro appuntamento a breve”.
Mi sale un misto di isteria e cazzimma. Ma che modo è di gestire le cose? Ora non si tratta di un’urgenza, ho anche una cara amica di famiglia che da anni è la mia ginecologa e dove poter fare il test privatamente ad un costo normale quindi non è per un motivo economico ma diventa una questione di principio. E poi mandano tutta una bella lettera sull’importanza della prevenzione, sui servizi che la Regione vuole dedicare alle donne… insomma mi faceva anche piacere per una volta tanto riferirmi al pubblico che, di fatto, pago con le mie tasse.

Attacco indispettita e penso di richiamare io la vecchia ASL che chiamai la prima volta perché visto l’andazzo secondo me questi non mi richiameranno mai. Prendo la linea al solito numero verde dopo i soliti 5 minuti. Mi risponde un’operatrice a cui dico semplicemente che voglio cambiare il giorno del test e la sede… sempre in quell’ASL. Mi chiede il nome e lì ricomincia lo show…
“Ah ma no ma questa non è la sua ASL, non deve chiamare questo numero”.
“Scusi eh, è il numero che mi avete scritto voi nella lettera che mi avete mandato… mo non cho manco più l’ASL di residenza?! Quale caz di ASL devo chiamare?”
“Aspetti… aaah ma lei è la signora Anais… ”
“Eh sì”
“Ahhh aspetti…. ehii ce sta al telefono la signora Anais… – sento che chiama una sua collega – No mi scusi eh perché sono giorni che non facciamo altro che parlare del suo caso…”
“Del mio… caso? Addirittura?”
“Sì sì guardi eh le dico subito che noi abbiamo perorato la sua causa, che il nostro dirigente si è parlato con il dirigente dell’altra ASL perché è assurdo… e quindi non è passata all’altra ASL?”
“Eh no, dopo che ho mandato tutti i documenti prima mi hanno detto di sì e poi di no…”
“No aspetti che documenti? Cioè me dica un po’, le hanno chiesto anche di mandare dei documenti… assurdi ahahaha”
Veramente secondo me c’è ben poco da ridere ad ogni modo l’operatrice continua ad insistere che io sto nel giusto, sento anche l’eco di altre colleghe, e che allora ora riparlano con il dirigente…
“Guardi sinceramente… non fa nulla…Davvero”. Mi sento anche un po’ mortificata ad aver sollevato questo “caso” anche se dentro di me maledico la solita giurassica macchina burocratica italiana… e infatti alla fine l’operatrice mi risponde

“Ma sì guardi tagliamo la testa al toro glielo sposto io l’appuntamento” .

E tutto sommato mi è andata bene, ho avuto risposte, forse pure troppe, un appuntamento a febbraio non a 500 metri da casa ma fattibile. Ma se penso invece a chi sta in emergenza a chi magari doveva fare una tac o un anziano che magari ora vive in famiglia e non al vecchio domicilio e non può spostare una benedetta sede all’interno della stessa -enorme- città… bah!

Povera italia mia

V’ammazzo a tutti

E niente oggi è una di quelle giornate che mi sento paladina della città. 

Me la sono presa con un podista che, col nebbione e il buio doveva x forza correre in mezzo alla strada con tanto di marciapiede bello largo.

Poi con un macchinone che si è parcheggiato in curva, ostruendo il passaggio disabili, a cui ho solo sollevato i tergicristalli. Cosa che ultimamente faccio spesso, anche lunedì ad una macchina che mi si è simpaticamente poggiata dietro, che per uscire dal parcheggio ho sudato più che a una lezione di total body.

Infine, all’ennesimo divano malconcio che hanno scaricato davanti ai miei cassonetti ho lasciato scritto un bel messaggio tipo brutto stronzo incivile  vergognati, che probabilmente si sarà già staccato visto che nella furia – perché sono salita e appositamente riscesa da casa con tutti i capelli bagnati – ho trovato solo lo scotch carta.

Oh ma che cavolo, poi è Roma, l’AMA, Mafia Capitale, la Raggi, Marino, gli immigrati. È che siamo un popolo di incivili caproni maleducati.

E girarsi sempre dall’altra parte mi sta facendo venire più colite del solito.

Coraggio, davvero!

Passato il momento “hot” post ballottaggi, ecco una breve riflessione a “freddo”. Sicché la mia città per la prima volta avrà un sindaco donna. Onestamente non sono una fervente sostenitrice delle “quote rosa”, sì certamente mi fa piacere che le donne arrivino a posti di “prestigio” un tempo proibiti, ma non è questo ad esaltarmi. Uomo o donna, per me l’importante è che sia una persona capace e volenterosa.
Io, come molti, sono molto scettica. Roma, come spesso ho scritto in questo blog, è davvero una città allo sbando e tirarla su è un’impresa titanica per chiunque. C’è troppo marcio, puzzo, schifo, lassisimo, per le strade e per i palazzi, perché siamo tutti un po’ complici di questo degrado stantio che ci attanaglia da anni.
Il solito cane che si morde la coda: tu mangi, ci mangio purio, tu rubi, rubo pure io, tu sporchi, allora anche io.
Camminare in alcune zone di Roma diventa sempre più faticoso e doloroso. Proprio domenica mattina mi sono trovata a fare una passeggiata a San Lorenzo, noto quartiere della movida universitaria, che non frequentavo molto ai tempi, figurati ora, e sono dovuta scappare per il senso di nausea a tristezza. Un degrado putrescente. Non solo. Una città vuota e spenta perché era domenica mattina. Non un bar aperto, qualcuno in strada che non fosse un povero pazzo o un barbone. Una città agonizzante, che lentamente muore. Giorno dopo giorno.

Quest’anno faccio ammenda, e per la prima volta ho deciso di non votare. Quest’anno, per la prima volta, ho deciso che davvero non valesse la pena tapparsi il naso e votare il meno peggio, aggrappandosi a vecchie ideologie, vecchi baluardi, oramai carta straccia e violentati, ripetutamente, dai politici odierni. Che la sinistra in Italia non esista più è un dato di fatto ed io non riesco ad identificarmi o a credere a nessuno, tanto meno al populismo vuoto, becero e dilagante dei pentastellati. Sarò snob ma continuo a pensare che la politica non sia solo passione ma anche mestiere e competenza, che non possa improvvisarsi dall’oggi al domani sulla spinta che “se tanto gli altri hanno fallito, allora posso farlo io”.
Non sono d’accordo con tutti quelli che sostengono che non votare sia non scegliere, sia non esercitare uno dei pochi diritti che ancora ci appartengono, sia lasciare che siano gli altri a decidere per noi, perdendo così il diritto di “lamentarsi” perché in fondo non si è fatto nulla per cambiare le cose. Io ho sempre votato, sempre. Ma stavolta ho deciso di esercitare il diritto a non voler regalare il mio voto a nessuno che se lo meritasse. Volevo andare per annullare ma ritengo queste pratiche abbastanza inutili. Mentre inizio a pensare che l’assenteismo, sempre più alto, possa davvero lanciare un segnale. Io questo sindaco non l’ho votato, né avrei votato l’altro, ma lo rispetto perché mi hanno insegnato ad avere rispetto per le autorità. Sono talmente disillusa e schifata e preoccupata che penso difficilmente si possa fare peggio e davvero mi auguro che questa “donna” possa stupirci tutti. Ripartendo dai territori, dalle fasce deboli, dai servizi, dal degrado. Perché anche la bellezza conta, aimè. E un poco di bellezza aiuta il morale.
Io quest’anno ho fatto la mia scelta e (non) ho fatto la mia parte. Adesso posso solo che aspettare e sperare. Sinceramente, chi spera nel fallimento per il mero gusto di dire “l’avevo detto”, mi fa solo sorridere, nonché incazzare. Mai come ora non servono bandiere ma fatti. Per cui, che si faccia davvero qualcosa. E presto.

100 schiaffi

La legge di Murphy Anais è monitorare per settimane i siti degli store elettronici per acquistare un aggeggio costoso, trovare alla fine una buona offerta, essere molto soddisfatta e imbarcarsi fino al negozio per l’acquisto per poi scoprire, il giorno dopo, un cazzo di volantone che ti sbatte in faccia lo stesso aggeggio a 100 euro di meno di quanto l’hai pagato.

100! Mica 30, 50, no 100 tondi tondi.

Fanculo la tecnologia!
Update – E niente non ce l’ho fatta. Ho riportato l’aggeggio al negozio dove l’ho pagato di più chiedendo lo storno e poi sono riuscita a farmi procurare la merca scontata dalla mega inaugurazione del megastore che ha bloccato la Roma Fiumicino (me compresa). Inprese eroiche perché noi i soldi… Ce li sudiamo!

Mo guarda come va a fini che mi bloccando lo storno e l’aggeggio lo pago il triplo eh.

Mansminus

Poi ci sono quegli uomini che fanno tanto quelli fighi di sinistra, poi a un tavolo di lavoro,dove sei l’unica donna, parlano guardando solo gli altri uomini e se, talvolta, si rivolgono a te, lo fanno con quel tono quasi condiscendente che neanche alla nipote di 3 anni (in gergo: mansplaining).

Ecco questa tipologia di uomo è anche peggio dei maschilisti “veri” che, almeno, non fingono.

Continuiamo così, facciamoci del male

Ci sono poi quei giorni in cui è veramente dura e niente va come deve. Anche le stupidagini, tipo alla fine della giornata ritrovarti pure l’insegnante di Acquafit che detesti e che eviti come la peste, a rovinarti anche quei trequartidora che sei riuscita a strapparti in questa giornata di deliri.

Deliri delle persone, soprattutto. Deliri di onnipotenza di chi si sente sto cazzo – e sto cazzo non lo è affatto – e ti sfianca in tutti i modi e svaluta i tuoi sforzi e il tuo lavoro, che oltretutto fai anche a buffo, rimettendoci, pur di venire incontro a questi deliri. Persone che per te non valgono niente, specie dopo certi atteggiamenti, e ti ci trovi tuo malgrado ad averci a che fare nonostante avessi detto da subito che era meglio starne alla larga. Errori che si ripetono, sempre, con lo stampino, dai quali sembra non si impari mai.

E poi la delusione di quelle persone a cui invece tieni e che non capiscono che proprio per loro accetti certi atteggiamenti, e che anziché stare dalla tua parte, che è quella giusta perché è anche la loro, ti si rivoltano pure contro.

Ecco in giornate amare come queste davvero non posso che scoraggiarmi, che chiedermi perché, chi me lo faccia fare e tutto il resto, nonché prendermela con me stessa, per essere come sono, per prendere sempre tutto così maledettamente di petto e di pancia e non riuscire mai ad impormi come devo, a farmi valere, pensando di fare meglio ad essere sempre accomodante e non cercare scontri quando poi sono gli scontri che arrivano comunque da te.

Giornate in cui invidi profondamente le teste di cazzo perché sono beate nel loro essere e passano sopra tutto e tutti come caterpillar e niente li scalfisce. Invidi anche chi comunque non si fa scalfire da niente non perché testa di cazzo ma perché semplicemente intelligente (o furbo) nel sapersi fare i fatti propri senza i minimi scrupoli. Perché ha capito che tutto questo è un circo per cui non vale proprio la pena pagare il biglietto.

Tu però al momento hai pagato un abbonamento non dico a vita ma almeno pluriennale, e quindi te attacchi al cazzo e se non capisci che devi cambiare atteggiamento pure tu, starai sempre peggio.

Ecco quelle giornate di anntevene tutti a quel paese, pure il maledetto insegnante brutto di acquafit, e meno male che c’è ancora l’uovo di pasqua.