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Intermezzo estivo

Sono sul treno che da Roma mi riporta a Tarquinia dalla mia gnappa. Ancora qualche giorno da pendolare visto che fortunatamente a Roma sto lavorando a un breve corso di fotografia urbana che mi sta dando qualche bella soddisfazione.

Il treno è strapieno, fortunatamente climatizzato, siamo tutti mascherina muniti, deo gratias. Mi guardo intorno e ancora non riesco a capacitarmi di questa situazione che ancora continuo a ritenere assurda. E soprattutto, senza possibilità di alcuna previsione.

Siamo in una estate sospesa. Tra la voglia di ricominciare, il fregarsene, la paura, il sospetto, la dimenticanza. E una pesante sensazione di una nuova crisi che possa incombere. La mia generazione è abbastanza abituata alle incertezze, su molti aspetti, in primis su quello lavorativo. Ma così è tosta davvero. Fare programmi, perché la vita è fatta di programmi, che spesso possono esser disattesi… ma non lo sai mai prima. Qui potrebbe essere quasi una certezza che tutto quanto previsto per l’autunno, possa non avere luogo. O accadere non si sa bene come.

Io continuo a mantenere lo stesso atteggiamento ottimista degli ultimi tempi perché altrimenti non riuscirei a respirare. Sono fiduciosa che si troverà il modo di andare avanti con le nostre attività in autunno o che ci inventeremo qualcosa, come fatto anche prima.

Rimane la grande incertezza sul futuro scolastico di Vitto. In questi giorni di semi relax marino, rileggevo appunti dei miei ultimi mesi lavorativi, esattamente un anno fa, di come sia tutto precipitato da subito, della mia insofferenza. Ricordo con molto affetto quel posto e mi manca, nelle persone – chiaramente non tutte – nella apparente sicurezza che ci dà il gruppo, il “posto fisso” di contro all’esporsi in prima linea a tutte le intemperie e alle incertezze, mai come in questo periodo. Eppure la serenità che ho conquistato in questi mesi, la maggiore consapevolezza di alcune mie capacità o dei miei limiti, la voglia di fare progetti, di crescere, di mettermi in gioco… sono emozioni che non provavo da tempo. È stato un anno bellissimo e intenso, nonostante tutto, e non tornerei indietro, neanche sapendo cosa mi avrebbe propinato sto 2020.

Dell’estate, che odio, prendevo il bello del viaggiare, di approfittare finaldi questo tempo per raggiungere i miei altri mondi ideali. E in questi mesi di blocco forzato, ripenso ai luoghi più cari e a dove mi piacerebbe stare: nella piazzetta di Riga, tra i canti dei Seto, su un porto sperduto, tra le dune lettoni, a rimirare il sole di mezzanotte, nel villaggio di Babbo Natale, a caccia di souvenir, russi in particolare, a scattare foto con l’illusione delle grandi cose. Ma Anche luglio sta finendo, rimane un ultimo grande mese di caldo, sudori, capelli ingestibili, pancia e ciccie che spuntano, aloni sui vestiti, un anno in più sul groppone,ma voglio godermi appieno ogni istante, senza rinunce.

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Diario friulano

Una vera manna dal cielo questa settimana friulana che siamo riusciti a strappare in questa annata malefica, sgraffigando dal monte ferie deturpato e dall’inquietudine di un brutto sogno che sembra farsi ricorrente.

Mentre finiamo questa vacanza sudata come non mai, continuano infatti a scorrere i numeri che in alcuni posti sembrano non esser mai calati, e qui sembrano tornare a far preoccupare. Ovunque è un monito a: si tornerà al lockdown, si tornerà come prima ad ottobre. E allora quanto mai queste giornate appaiono preziose, preziosissime. Una boccata d’aria fresca dopo mesi stantii dietro a una mascherina sudata.

Mascherine che qui, si vedono assai poco. Molto poco in Slovenia, praticamente per niene nella rigida e bacchettona Austria, che fino a ieri voleva chiudere tutto e ora a passarci sembra che non abbia neanche saputo che sia esistita una pandemia. È tutto così surreale, un paese a due facce, tra il terrore e la faciloneria. A me non sembra affatto un’estate diversa dal solito, e questo da una parte a volte mi rincuora ma dall’altra invece mi spaventa. È tutto così surreale.

Quest’ultima giornata ci lascia con un gran temporale, dopo lunghi giorni di sole e temperature inaspettate. Bello tornare nei luoghi che mi hanno vista crescere con una bimba in piena fase esplorativa e vederla sorridere, essere libera e felice, ogni giorno di più.

È sempre brutto ripartire, ma forse ancora di più da posti così cari, dove una liturgia di vecchie abitudini tendono a reiterarsi negli anni, che se poco poco si salta una tappa, salta tutto il bello del viaggio.

Colazioni e aperitivi sul terrazzo vista monti, dolciumi a volontà, i laghi, i monti, le cave, persino i negozi ricordano ricordi che è troppo bello rivivere e riscrivere.

Troppi posti belli per soli 8 giorni, ma mai come quest’anno sono felice di averli potuti vivere, con occhi nuovi, fino all’ultimo, e se dovremo tornare a rinchiuderci… almeno avrò avuto questo piacere.

Tornare al caldo torrido e ad una lunga estate romana, mamma mia quanto non mi va!