Di rientro dal sud del grande nord. Oslo, la capitale norvegese che avevo un po’ snobbato si è rivelata invece una bellissima scoperta. In appena 3 giorni e nonostante pioggerella e cielo plumbeo ( ma domani invece ci sarà un gran sole) ce la siamo girata in lungo e in largo, ammirandone (e invidiando) ogni angolo. Cosa c’è da vedere a Oslo? Oslo stessa è un capolavoro di riqualificazione e design. È molto moderna ma in un modo tutto nordico, affatto tecnologico e industriale ma tutto di legno e vetro. I quartieri alla moda, ossia i tipici vecchi quartieri operai, sono uno wow ad ogni scorcio. Il porto è una figata e quel suo accenno di Norvegia ti fa venire una voglia di girarla in lungo e largo o salpare con la prima nave all’avventura. E poi come tutta la scandinavia, è il paese delle liquirizie. Di ogni sorta. È vero, è una città cara, come tutto il ricchissimo (beati loro) nord europa ma con un po’ di attenzione si può comunque fare una buona vacanza. E ho accusato molto meno che a Copenhagen. È una città tranquilla, pacifica, poche auto e quasi tutte ibride ed elettriche (mai viste tante Tesla in vita mia) per cui silenziosissima. Ci sono tantissimi giovani, i locali sono pieni di giovani e musica, complice anche il musik festival. E poi… luce fino alle 23! Già mi manca tantissimo e poi questo brevissimo break estivo mi ha subito fatto venire una gran voglia di ripartire. Che diamine, se oramai estate deve essere, che arrivino al più presto le vacanze!
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Diario rumeno
Già di ritorno, questo viaggio pasquale è volato più del solito e oggi che è ancora festa ed è tra l’altro una bellissima giornata, io sono a casa a fare lavatrici e sistemare un bordello atomico. Ma va bene, alla fine un giorno di tregua prima di ritornare al bordello e a salvare vite comunicative, mi serve. Qui il cielo è blu abbagliante e ho lasciato il grigiume dell’est. Per fortuna non ha piovuto, ma un po’ di sole in più non sarebbe stato male. Freddo poi, non ne parliamo. Ma veniamo a noi: la Bucovina è bella e caratteristica. C’è un paesaggio davvero insolito, si passa dal cemento grigio di alcune città- comunque per me troppo affascinanti – ad una spianata di casette minuscole e prati immensi. Attraversi villaggetti superando carretti e donnine incappucciate, bambini dai musi lerci e mucche, cavalli, mandrie di pecore ruminanti. Non so però se siamo stati troppo timidi ma non abbiamo trovato tutte quelle situazioni da villaggetto come incontrammo in Maramures. Le situazioni erano molto simili ma i paesi sono un po’ più dispersivi perché fondamentalmente si sviluppano lungo la strada. Quindi fotograficamente è stato meno stimolante e suggestivo. Le chiese, seppur belle e colorate di oro e icone, sono meno raccolte delle biseriche in legno del Maramures. Non abbiamo trovato poi persone vestite in abiti tradizionali, forse non siamo stati nei posti giusti ma c’era l’imbarazzo della scelta perché le chiese erano tantissime ma i villaggi troppo distanti tra loro per coprire tutto. Comunque lo scenario dei monasteri è certamente molto suggestivo e particolare, ma in effetti fotografare nei momenti di preghiera, sebbene loro siano davvero molto disponibili, appare sempre troppo invasivo data la solennità del momento. Quindi mi è mancata quell’intimità e il raccoglimento del Maramures. Diversamente è stato più semplice trovare posti in cui mangiare e svagarci, senza dover per forza ingurgitare agnello e gulash a colazione. È sempre bello però immergersi in culture e vite diverse. In questi paesi, seppur si possono trovare negozi, pub e qualche centro commerciale, permane uno stile di vita semplice, contadino e ancora vedo molta povertà. Il mercato è sempre l’esempio migliore: banchetti lerci e contadini che espongono chili di cipolle, tuberi, animali e cibi sotto vetro dall’aspetto molto sospetto. Le persone sembrano distrutte dal lavoro, dall’alcol, hanno età incalcolabili, vivono chiusi nelle loro casette, alcune imponenti e ricostruite forse grazie all’aiuto di parenti emigrati. C’è voglia di ostentare ma ancora tantissima arretratezza. Ma chi può dir se sia meglio o peggio? Certo è che vedere le insegne di Zara o McDonalds in queste cattedrali di cemento non sempre è rincuorante, perché è la vittoria di un capitalismo spicciolo, che suscita il bisogno di un possesso liquido di contro alla forza delle tradizioni e della semplicità. Io comunque consiglio sempre di visitare questi paesi, che sono così sottovalutati mentre hanno una grande bellezza e ti consentono di staccarti dallo stress e dai ritmi incontrollabili e caotici della nostra cultura lavoro e soldicentrica. Tra l’altro, con pochi soldi puoi ancora fare il nababbo. Spero di essere riuscita a tirare fuori qualche foto, per me in primis ma anche per far conoscere questi luoghi e, magari, far venire la voglia e la curiosità di visitarli.
Diario belga
Quattro giorni intensi e volati via, as usual, in un’atmosfera da fiaba! Complice sicuramente il periodo natalizio, Bruges mi ha accolta e abbracciata di enorme bellezza e dolcezza. Era da tempo che volevo andare in questa cittadina perché ne ho sempre sentito parlare molto bene ma dire che le aspettative riposte si sono superate è poco. È un posto fuori dal mondo, sembra di girare in un set irreale e perfetto ma è davvero così. Casupole, canali, laghetti, tetti spioventi, negozietti e bistrot curati in ogni dettaglio, un sogno. E poi la cioccolata, mon dieu, profumo di zucchero e dolci in ogni dove. E le birre, uh! Sono stata in un ristopub in cui potevi assaggiarne più di 400 tipi. Insomma sembrava di stare a disneyland o agli universal studios, ma è realtà. E mi chiedo cosa significhi poter vivere in una cittadina così bella e così piccola, pulita, funzionale e funzionante. I proprietari del nostro Bellissimo Bb si sono trasferiti qui dall’olanda, hanno mollato tutto 20 anni fa e si sono trasferiti lì. È un tipo di posto che fa fare queste pazzie.
Insomma se vivessi a Bruxelles, che continuo a ritenere una cittadina carina e piena di giovani, penso che verrei a ricaricarmi di bellezza a Bruges un weekend sì e un no.
Penso sia cambiata Bruxelles dopo gli attentati ma quello che ho visto in questo weekend è una città che ha una forte voglia di girare pagina, di affermare la propria voglia di vivere, ridere, essere felice. Tantissima gente come a Roma non ne vedo da un po’, forse dalle epifanie a Piazza Navona quando ero piccola. Ecco, più vado in giro ultimamente e più Roma mi sembra depressa e in declino. Laddove il resto d’Europa va avanti qui tutto sembra cristallizato e polveroso e decadente.
Andateci a Bruges, davvero! E se siete in coppia anche meglio, Bruges è davvero romantica!
Diario danese
Di rientro da questa splendida mini vacanza nella capitale danese, con piccola puntatina in Svezia nella bellissima cittadina di Malmo.
Come sempre, sono in quei giorni traumatici post-rientro in cui tornare alla normalità, alla vita di tutti i giorni, al lavoro, ai cassonetti strabordanti, alle cartacce, al traffico e alla sporcizia romana, mi incupisce assai. Specie dopo essermi immersa in cotanta bellezza. Copenhagen non mi ha affatto delusa anzi, ha superato di gran lunga le mie aspettative. Pensavo di trovare una cittadina piccola, molto turistica e poco accogliente, invece si è rivelata tutt’altro. È vero che è un gioiellino, curato e coloratissimo, con i suoi palazzi variopinti a schiera, le piazzette brulicanti e i bar alla moda, ma anche i suoi piccoli difetti che la rendono quindi più umana e meravigliosa.
Siamo state davvero fortunate perché abbiamo trovato davvero un tempo insperabile per la zona, 5 giorni di sole pieno e caldo al limite dell’insolazione, tutto pensavo tranne di tornare abbronzata dalla Scandinavia.
Non credevo inoltre di incontrare una città così vivace e piena di ragazzi. È vero che abbiamo beccato il weekend del secolo, visto che c’erano tantissimi eventi tra cui il Festival dell’anno della nightlife danese, il Distortion, che nella fattispecie si è manifestato in un’invasione di giovani di ogni età riversarsi sulle vie verso varie feste e concerti sparsi in ogni quartiere e a tutte le ore.
Nonostante sia poi una città, aimè, davvero cara come si dice (con meno di 30 euro a testa in un ristorante, anche il più scrauso, non mangi), c’erano tanti turisti, ma non troppi come ad esempio a Londra o a Barcellona, che però si mischiano con le persone del luogo che sono solite frequentare anche i luoghi da guide, ad esempio il bellissimo porto nuovo, il Nyhavn.
Ma il loro passatempo preferito è abbarbicarsi lungo il mare, che si tratti di una banchina in cemento, in legno o una striscia di erba, e crogiolarsi al sole scolando birrette. Mica male, no?
Pause pranzo rigorosamente al sole, e nel fine settimana largo alle gite in barchetta e ai bagnetti, nonostante l’acqua a me sia sembrata tutt’altro che invitante. E penso sia una necessità imposta dopo mesi e mesi di buio e freddo, specie quando ti arriva un’estate così, con un sole alto e caldo fino alle 22 passate.
Mi è sembrato tutto un inno alla vita lenta, alla semplicità, e con le loro casette di legno e vetri, il giardinetto e l’attracco a mare, li ho davvero ma davvero invidiati. Come invidio tutti gli abitanti di città alla mano, vivibili, in cui per spostarti hai mille alternative anche se non sei in pieno centro.
Lo so di avere la fortuna di vivere in una grande e importante e a onor del vero bellissima città, ma sta diventando tutto così lercio e difficile e nauseante che la magnificenza e la storia inizia a non bastarmi più. I tipici quartieri romani, tutto cemento, tag sui muri, cassonetti stracolmi, macchine ovunque, erbacce mi fanno mancare l’aria. E quindi questi break mi ridanno ossigeno.
Davvero l’unica nota negativa è il caro vita. Proprio nelle cose di tutti i giorni: ostelli ed alberghi dove alloggiare, l’acqua, una cena, un aperitivo, persino una birra che lì la producono anche. Insomma a me personalmente che non mi piace molto spendere tanto per il magiare, e che non navigo nell’oro, spendere minimo 20 euro ogni volta che mi siedo e voglio regalarmi un break un po’ pesa. Poi sicuramente esistono luoghi più economici: paninerie, caffetterie, fastfood, però decisamente l’atmosfera è diversa. Per quanto riguarda gli acquisti invece capisco perché HM vada alla grande lì e tutte, anche le più strafighe e modelle, fondamentalmente si vestano lì. Visto il loro tenore di vita è come acquistare da una bancarella perché i prezzi sono comunque bassissimi. Quindi per lo shopping tutto sommato si possono fare buoni affari (tipo rifornirsi di shorts e canottiere visto che avevo una valigia manco partissi per l’Islanda a dicembre).
Sicuramente è una città dove vorrò tornare e andrò sicuramente più preparata e oculata.
Ecco una piccola classifica di cosa mi è piaciuto di più:
- Il mare e i canali. Se andate a Copenhagen non potete non fare un giro sui tanti battelli e spiare dal basso la vita lungo danese lungo lo scorrere dell’acqua. Vista bellissima di tutta la città, un’oretta buona per riposare le gambe e abbronzarsi un po’ e vedere la Sirenetta. Noi abbiamo addirittura bissato! Consigliatissimo e con la guida in italiano è tutta un’altra cosa!
- Il Nyhavn. È davvero uno struscio piacevole e una pace per gli occhi con tutti quei colori, le barche, la musica, la gente e i tantissimi locali dove trovare di tutto. Con una strizzata alla casetta di Andersen!
- I vicoletti adiacenti a Storget, la via principale. Perdetevi piacevolmente tra le stradine laterali e rimarrete sorpresi da piazzette, chiesette, parchi, monumenti dai mattoni rossi che spuntano in ogni dove.
- Christiania vale sicuramente una visita per la sua particolarità. Pusher street è senz’altro un posto singolare ma singolare sono gli abitanti, i bambini che giocano sereni con i loro banchetti, i mercatini e le botteghe di artigiani. L’importante è che non corriate né facciate foto dove espressamente non richieste.
- I giardini di Tivoli sono nient’altro che un parco giochi luna park, eppure l’atmosfera che si respira, così occhieggiante alla Belle Epoque, è davvero unica. Tutte quelle luci, i giochini, i ristorantini fanno da cornice ad una piacevole serata per tornare bambini.
- La vita culturale. I musei a Copenhagen sono tantissimi e per tutti i gusti. Io non ho avuto modo di visitarne nessuno, a parte una scappata al Festival di fotografia (una delle tante cose trovate in questo weekend) ma la scelta è davvero ampia.
- Le stazioni. Sono tutte molto curate e non si ha mai la sensazione di pericolo che spesso si prova ad aggirarsi anche a tarda sera. Spazi ampi, pulizia (salvo alcuni angolini urinatoi) e soprattutto, treni in orario e a qualsiasi ora!
- Liquirizie, pane e dolcetti alla cannella. Le mie droghe! I paesi nordici da questo punto di vista per me sono croce e delizia vista la vasta offerta in termini di dolci, caramelle e chi più ne ha più ne metta. Una goduria, soprattutto per chi come me non ama particolarmente le gioie della cucina marina.
- Il ponte Oresund. Incredibile come in poco più di mezzora si possa raggiungere un’altra nazione. Un viaggio davvero piacevole da fare assolutamente in bus per godere della splendida vista sullo stretto.
- Due parole anche su Malmo, cittadina davvero piccina ma che vale davvero una visita, specie se avete previsto un weekend lungo a Cop. Anche qui giro in barca d’obbligo, visto che non avrete molto tempo per girarla in lungo e in largo. Se poi beccate una guida pazza come la nostra allora il divertimento è assicurato. Passerete sotto ponti bassissimi, lungo la zona portuale dai reperti di archeologia industriale,lungo l’università e i palazzi ecodinamici e vi immergerete di verde perché c’è un parco enorme in cui correre, passeggiare e visitare i propri cari visto che una parte ospita anche il vecchio cimitero. Pranzetto su Lillatorg, la piazzetta più carina. Ma anche qui occhio: salasso assicurato!
Diario portoghese
Eccomi fresca fresca (oddio, con il volo alle 6 di mattina si fa per dire…) di rientro da questo breve e intenso viaggetto in Portugal, in particolare Lisbona, Obidos e Castelo de Vide, nell’Alentejo. As usual, per seguire le celebrazioni della Pasqua ma anche per tornare in una delle città europee più belle.
A Lisbona ero stata ma fin troppo tempo fa: in gita scolastica, per cui parliamo di ere più che anni fa. Ricordavo poco, solo le cose principali e che mi era piaciuta molto.
Confermo. Lisbona è una capitale dalle mille facce ma su tutte prevale un lato malinconico e decadente che la rende così affascinante.
L’alternarsi di facciate dismesse e semi abbandonate allo scintillio delle azulejos, ai palazzi più belli e a quelli patrimonio municipal a cui stanno rifacendo trucco e parrucco, alla grande.
I suoi continui sali e scendi, il ticchettio che fanno le suole sul lastricato adamantino, che riecheggia tra un vicolo e l’altro. Gli anfratti, le porticine colorate, gli archi, i mirador e le scalinate alla Montmartre, che appunto non hanno nulla da invidiare alla capitale francese.
Il centro squadrato, che alterna piccole piazze a piazzoni gremiti di gente e locali, ma senza mai chiasso frastornante.
Le pastelarie che sbucano un po’ ovunque, e anche le più infime offrono comunque pastel alla crema da vero orgasmo per i golosi di dolci come me. E poi i vini portoghesi, una vera scoperta.
Lisbona è una di quelle città che ti sembra bella e comoda e facile da vivere. Più a misura d’uomo delle grandi e roboanti metropoli, turistica sì ma in modo più discreto che altrove.
E poi il blu del cielo, che incontro le rive del rio tejo, che è un fiume ma che fa pensare subito all’Oceano immenso, complice quella brezza che sale dall’acqua e scompiglia i pensieri.
Anche l’entroterra è molto suggestivo, roccioso, per lo più pianeggiante (almeno dove sono andata io) con dolci colline verdi e paesini dalle casette in calce e i bordi colorati, che mi hanno ricordato molto Cuba. Obidos è stata una vera piacevole sorpresa, a partire dalla casa particular della signora Ana dove abbiamo dormito.
Castelo de Vide e Marvao purtroppo abbiamo potuto vederle solo sotto una coltre fittissima di nebbia, comunque molto suggestiva, e pioggerellina battente.
Le processioni pasquali che siamo riusciti a seguire sono state fotograficamente un po’ deludenti perché molto “semplici”, e tra auto, pali, vestiti e giacconi dai colori improbabili, dubito uscirà fuori qualcosa. Anche se la processione notturna del venerdì santo ad Obidos è stata molto suggestiva, ma mi aspettavo qualcosa di più caratteristico.
Diciamo che questa alla fine è stata una vera e proprio mini vacanzetta, farcita di bellissimi momenti e ricordi (e ricordini), alberghi bellissimi e accoglienti, colazioni ricche, sapore di caffè bollente, jamon serrano, tranvetti colorati e tante Holghine da turista.
Ci voleva questo break dopo un gennaio e un febbraio davvero stressanti.
Credo di aver preso un po’ di peso, fosse solo per i kg di pane (e olive) che hanno sopperito 5 mesi di totale assenza. E ora ci sono tutti i rimasugli pasquali e gli ottimi biscotti che siamo riusciti a portarci in valigia, insieme ad una bottiglia di Porto invecchiato da 10 anni e la mitica gingjnha, il liquoretto tipico alle amarene (bleah!).
Spero di tornare presto in Portogallo e scoprirne altre città e cittadine perché è un Paese davvero affascinante oltre che accogliente. A mio parere molto più della Spagna, ma ammetto di non avere particolare simpatia per i cugini rossoro.
Chissà, magari proprio il prossimo anno per la Pasqua di Braga.
Intanto ecco una mia piccola Top Ten:
- Pastel de Nata
Davvero il topo queste mini tortine di pasta sfoglia con un cuore di crema caldo e il retrogusto speziato. - I sali scendi e i vicoletti dell’Alfama
Da perdersi per ore e ore a girovagare tra porte colorate, odore di bucato, taverne e Fado. - I vini portoghesi
Davvero una scoperta, da sorseggiare con pane e olive e marmellate, in calici colmi visto che i portoghesi sono molto generosi con le quantità. - Il mercato della Ribera
Un ottimo esempio di riqualificazione di vecchi mercati, senza snaturarli. Un coacervo di sapori e odori per tutti i gusti, ottimo per un pranzo diverso dal circuito super turistico. - Un aperitivo lungo i Doca di Alcantara
Possibilmente in orario tramonto, vista porto. - Le case dai profili blu e oro di Obidos
Anche qui vicoletti acciottolati tra cui perdersi piacevolmente. - La cioccolata (con o senza Gingjnha)
Anche questa i portoghesi la sanno fare molto bene ed è un’ottima compagna per accompagnare un Porto d’annata. - La processione notturna per i vicoli di Obidos
Molto suggestiva e con un’atmosfera di silenzio e rispetto, senza fotografi prepotenti (anzi, forse i più smaliziati siamo stati noi) e con una popolazione estremamente disponibile ad accoglierti e lasciarti fare il tuo lavoro. - I localetti dell’Alfama
Baretti, taverne, terrazze: curati e caratteristici, ciascuno a modo proprio. Su tutte l’enoteca lungo la via che scende dal castello. Un piccolo gioiello dove scoprire il top dei vini portoghesi. - La cerimonia dei campanacci a Castelo de Vide
Dopo una lunghissima messa i fedeli sono esplosi in uno scampanio collettivo assordante ma al contempo armonico e liberatorio. E il riversarsi sulle strade, nonostante il tempo quasi invernale, è stato davvero emozionante e gioioso.
Sì, viaggiare. Sì, amarsi.
“Pico Iyer, grande giornalista e scrittore di viaggi, racconta che “viaggiare è un po’ come essere innamorati, perché improvvisamente su tutti i sensi c’è scritto ‘acceso’. […] Oggi, da dove vieni è meno importante di dove vai. Ma è solo fermando il movimento che puoi capire dove andare. Ed è solo facendo un passo indietro, dalla tua vita e dal tuo mondo, che puoi vedere quello a cui tieni di più, e quindi trovare casa. Il movimento è un privilegio fantastico. Ci consente di fare cose che i nostri nonni non potevano neanche sognare di fare. Ma il movimento ha senso solo se c’è una casa a cui tornare. E la casa, in fin dei conti, non è solo il posto in cui dormi. È il posto in cui stai”.
Ho trovato l’ultimo editoriale di Giovanni De Mauro davvero bello, quasi poetico. Soprattutto perché racchiude molti dei miei pensieri sul tema del viaggio. Adoro viaggiare quanto amo il momento di tornare a casa. Non prima, quando sei ancora in viaggio o a rifare valigie di vestiti ciancicati e biancheria arrotolata in buste da duty free shop e ti prende la nostalgia del rientro. Solo al momento in cui varco di nuovo la soglia della mia casa, con le mie cose, gli odori e i sapori dei miei sogni e della quotidianità della mia vita e della mia famiglia, capisco che anche tornare ha il suo fascino e il suo valore. La mia vita si accresce di un altro tassello, di altri posti, luoghi, emozioni vissuti altrove che fanno apprezzare, odiare, ridiscutere, ciò che si ha e si è. Viaggiare è mettersi in discussione. E chi rimane sempre fermo, si perde la bellezza di conoscersi, amarsi e anche odiarsi, la linfa, il senso di tutto.