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Diario portoghese

Eccomi fresca fresca (oddio, con il volo alle 6 di mattina si fa per dire…) di rientro da questo breve e intenso viaggetto in Portugal, in particolare Lisbona, Obidos e Castelo de Vide, nell’Alentejo. As usual, per seguire le celebrazioni della Pasqua ma anche per tornare in una delle città europee più belle.
A Lisbona ero stata ma fin troppo tempo fa: in gita scolastica, per cui parliamo di ere più che anni fa. Ricordavo poco, solo le cose principali e che mi era piaciuta molto.
Confermo. Lisbona è una capitale dalle mille facce ma su tutte prevale un lato malinconico e decadente che la rende così affascinante.
L’alternarsi di facciate dismesse e semi abbandonate allo scintillio delle azulejos, ai palazzi più belli e a quelli patrimonio municipal a cui stanno rifacendo trucco e parrucco, alla grande.
I suoi continui sali e scendi, il ticchettio che fanno le suole sul lastricato adamantino, che riecheggia tra un vicolo e l’altro. Gli anfratti, le porticine colorate, gli archi, i mirador e le scalinate alla Montmartre, che appunto non hanno nulla da invidiare alla capitale francese.
Il centro squadrato, che alterna piccole piazze a piazzoni gremiti di gente e locali, ma senza mai chiasso frastornante.
Le pastelarie che sbucano un po’ ovunque, e anche le più infime offrono comunque pastel alla crema da vero orgasmo per i golosi di dolci come me. E poi i vini portoghesi, una vera scoperta.
Lisbona è una di quelle città che ti sembra bella e comoda e facile da vivere. Più  a misura d’uomo delle grandi e roboanti metropoli, turistica sì ma in modo più discreto che altrove.
E poi il blu del cielo, che incontro le rive del rio tejo, che è un fiume ma che fa pensare subito all’Oceano immenso, complice quella brezza che sale dall’acqua e scompiglia i pensieri.

Anche l’entroterra è molto suggestivo, roccioso, per lo più pianeggiante (almeno dove sono andata io) con dolci colline verdi e paesini dalle casette in calce e i bordi colorati, che mi hanno ricordato molto Cuba. Obidos è stata una vera piacevole sorpresa, a partire dalla casa particular della signora Ana dove abbiamo dormito.
Castelo de Vide e Marvao purtroppo abbiamo potuto vederle solo sotto una coltre fittissima di nebbia, comunque molto suggestiva, e pioggerellina battente.
Le processioni pasquali che siamo riusciti a seguire sono state fotograficamente un po’ deludenti perché molto “semplici”, e tra auto, pali, vestiti e giacconi dai colori improbabili, dubito uscirà fuori qualcosa. Anche se la processione notturna del venerdì santo ad Obidos è stata molto suggestiva, ma mi aspettavo qualcosa di più caratteristico.
Diciamo che questa alla fine è stata una vera e proprio mini vacanzetta, farcita di bellissimi momenti e ricordi (e ricordini), alberghi bellissimi e accoglienti, colazioni ricche, sapore di caffè bollente, jamon serrano, tranvetti colorati e tante Holghine da turista.
Ci voleva questo break dopo un gennaio e un febbraio davvero stressanti.
Credo di aver preso un po’ di peso, fosse solo per i kg di pane (e olive) che hanno sopperito 5 mesi di totale assenza. E ora ci sono tutti i rimasugli pasquali e gli ottimi biscotti che siamo riusciti a portarci in valigia, insieme ad una bottiglia di Porto invecchiato da 10 anni e la mitica gingjnha, il liquoretto tipico alle amarene (bleah!).

 

Spero di tornare presto in Portogallo e scoprirne altre città e cittadine perché è un Paese davvero affascinante oltre che accogliente. A mio parere molto più della Spagna, ma ammetto di non avere particolare simpatia per i cugini rossoro.
Chissà, magari proprio il prossimo anno per la Pasqua di Braga.

Intanto ecco una mia piccola Top Ten:

  1. Pastel de Nata
    Davvero il topo queste mini tortine di pasta sfoglia con un cuore di crema caldo e il retrogusto speziato.
  2. I sali scendi e i vicoletti dell’Alfama
    Da perdersi per ore e ore a girovagare tra porte colorate, odore di bucato, taverne e Fado.
  3. I vini portoghesi
    Davvero una scoperta, da sorseggiare con pane e olive e marmellate, in calici colmi visto che i portoghesi sono molto generosi con le quantità.
  4. Il mercato della Ribera
    Un ottimo esempio di riqualificazione di vecchi mercati, senza snaturarli. Un coacervo di sapori e odori per tutti i gusti, ottimo per un pranzo diverso dal circuito super turistico.
  5. Un aperitivo lungo i Doca di Alcantara
    Possibilmente in orario tramonto, vista porto.
  6. Le case dai profili blu e oro di Obidos
    Anche qui vicoletti acciottolati tra cui perdersi piacevolmente.
  7. La cioccolata (con o senza Gingjnha)
    Anche questa i portoghesi la sanno fare molto bene ed è un’ottima compagna per accompagnare un Porto d’annata.
  8. La processione notturna per i vicoli di Obidos
    Molto suggestiva e con un’atmosfera di silenzio e rispetto, senza fotografi prepotenti (anzi, forse i più smaliziati siamo stati noi) e con una popolazione estremamente disponibile ad accoglierti e lasciarti fare il tuo lavoro.
  9. I localetti dell’Alfama
    Baretti, taverne, terrazze: curati e caratteristici, ciascuno a modo proprio. Su tutte l’enoteca lungo la via che scende dal castello. Un piccolo gioiello dove scoprire il top dei vini portoghesi.
  10. La cerimonia dei campanacci a Castelo de Vide
    Dopo una lunghissima messa i fedeli sono esplosi in uno scampanio collettivo assordante ma al contempo armonico e liberatorio. E il riversarsi sulle strade, nonostante il tempo quasi invernale, è stato davvero emozionante e gioioso.

 

 

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Spring is an attitude

È finito un mese piuttosto inutile, per quanto faticoso. Marzo è un mese di passaggio, né inverno né primavera, assolutamente instabile e bipolare, fatto di primi sprazzi di sole e aria di vacanza, da stordimenti grigi, raffiche di vento gelate che di botto ti riportano al momento esatto in cui stavi per aprire un panettone.
Gennaio e febbraio 2015 sono stati due macigni parte di una lunga coda franosa e di cui non si riusciva più a vedere fine.
Marzo mi ha illusa di forza e vigore, sole e solarità, per poi darmi un bello schiaffo e un calcetto nel sedere. Ad ogni modo, è finito anche lui, ed aprile è tutta un’incognita. Quest’anno la bella stagione si fa attendere ma io ne ho un gran bisogno, così me ne frego e ho già pensionato il piumino. Voglio sentirmi leggera, ho bisogno di leggerezza, allegria e cose semplici. I grattacapi e le incazzature degli ultimi mesi hanno portato con loro, di nuovo, dei gran bei mal di testa. Marzo è stato tutto un mal di testa. E oggi che, voglio dirlo a bassa voce, respiro e sospiro senza occhi gonfi e palpebre pesanti, voglio che sia primavera, dentro.
Domani poi si parte e a dire il vero sarà un’altra calata nelle gelide terre dell’est. Troppo alta (o bassa?) sta Pasqua per cui mi sa che il mio spirito primaverile dovrà prendersi una breve pausa, se non vuole buscarsi una polmonite.
E di nuovo gelo sia. E siano aglio, cipolla, stufato, carne speziata, patatine, birre, case di legno, prati e fattorie, donne fiere con rughe e fazzoletti, capelli biondi e grembiuli, hard disk e schede da riempire. Primavera dentro, poi il sole prima o poi, tornerà.

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