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Take a break(the)

E poi questa metà luglio ti regala questa pausa dall’alfa e dal caldo, con una leggera e perfetta brezzolina e il tuo piccolo terrazzino diventa il tuo regno e la tua finestra ventilata, aperta sul mondo.

Libri, libri e ancora libri questa estate! E siamo solo all’inizio. 


 

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Intermezzo

Piccola pausa prima di un luglio che si preannuncia caldo e lunghissimo.

È arrivata in pieno l’estate. L’afa, il primo sole, con annessi eritemi, i libri sotto il sole, le creme, i capelli lasciati allo stato brado, aria condizionata, ventilatori, cicaleggi, birre ghiacciate, weekend al sapor di vacanza che vorresti non finissero mai. Credo sarà una lunga estate, ma adesso sono pronta. 

Odor di ricordi

Ci sono posti per cui non serve assaggiare un pezzo di biscotto per imbarcarsi all’improvviso in un viaggio tra i ricordi. 

I paesi d’origine sono una seconda casa, in tutti i sensi e ti conoscono, forse più della tua stessa città. 

Oggi a pelo d’acqua guardavo il profilo del litorale, che conosco a memoria nonostante negli anni i luoghi e i posti cambino e cerchino di camuffare il passare del tempo. Loro sì, possono e spesso ci riescono. Guardavo il balcone di una casa che un anno affittarono amici dei miei, da cui guardammo i fuochi di ferragosto. E parcheggio sempre sotto un’altra casa, quella dei palazzi brutti e passo a via pirgi 33, dove niente meno ho visto la puntata 1 di Beautiful e festeggiato un sacco di compleanni, all’ombra del pergolato con parenti e amici ora persi in chissà quali vite. 

Non è il ciabattio svogliato, l’odore del mare misto ai solari, la salsedine o il gongolare dei piccioni che più mi sollazza i ricordi, ma sono gli odori della campagna. Perché noi siamo una famiglia che viene dalla campagna, torrida e assolata. Quella dei finocchi, dei meloni, delle angurie giganti che zio Giovanni ci lasciava sotto al magazzino. E quella dei pomodori. Quell’odore acre di terra, sudore, marciume, che sento dai carri pieni che passano per l’aurelia. Lo riconoscerei tra mille. Lo stesso odore di quel magazzino, che mi faceva così paura, buio, angusto e polveroso, dove zie e mamma si chiudevano per fare le conserve che poi distribuivano per il paese. Ora quel magazzino è chiuso, vuoto, come la casa di mia zia, che ci ha lasciato quest’anno dopo novantanni. La zia che per me è stata nonna, quella da cui mamma mi mandava in vacanza a luglio, a schiarirmi i capelli e bruciarmi di sole. La zia che mi preparava i toast al formaggio, delle caramelle agli agrumi che rubavo di notte, delle prime sigarette fumate di nascosto alla finestra. La zia della campagna. Con Yuri e Diana, i primi cani che ho amato e a cui penso sempre quando guardo Holghina. 

Non serve avere un mucchio di foto per ricordare, finché la mente funziona e la malinconia pungola quel giusto, per spronarti a fare bilanci, a soppesare vittorie e sconfitte, ad apprezzarti per quella che sei, grazie anche a questi vicoli, alle colline, alle panchine dove hai pianto, sorriso, baciato e amato.

  

Family days

Mi piace troppo venire a Tarquinia pre o dopo le vacanze “vere”. Questo paesino, che mi ha vista crescere e che ogni anno cambia un pochino ma non troppo, proprio come me, è la giusta pausa dopo ogni anno intenso di lavoro. Quest’anno ho deciso di concedermi una settimana intera e non penso di pentirmene. Sono con la mia famiglia, che mi dedica mille attenzioni e cure, ma al contempo sola. È vero qui non ho più amici né comitive, perché il mio carattere solitario mi ha fatto un po’ terra bruciata dopo anni onorati di scorribande adolescenziali, eppure sto bene proprio per questo. Sono seduta col mio aperitivo solitario, il mio quaderno e Holga. Tira una leggera brezzolina e sono abbronzata il giusto. Passeggio x questi vicoli immacolati e tutto il caos romano sembra per un attimo un lontano ricordo. Qui ho i miei riti e li adoro. La mamma che la mattina mi porta i cornetti e la pizza calda, il  cinema o le maratone seriali con mio padre, i libri e le parole crociate, quei pochi negozietti rimasti da cui mi piace rifornirmi, per una borsetta, un monile, un paio di sandali demodé. Ma tu hai Roma, che te ne fai di questi 4 negoziacci? Eppure ogni anno che, aimè, ne chiude uno, è un dramma, un tassello che si sposta e rovina il tutto. E poi i nostri localetti, gli aperitivi all’alberata, la pizza a orbetello, tra i ricchi che non siamo né saremo mai, le quantità industriali di creme e cremette che trovo a casa, per coccolarmi più che fossi da me. E i miei vecchi vestiti, ogni volta un viaggio tra taglie e ricordi. Guardo i miei genitori e le loro rutualità di adesso mi fanno tenerezza e vorrei tanto riuscire ad arrivare anche io come loro. Li ricordo da giovani e so che queste cose non le facevano. I centri commerciali, i quiz alla TV. Mi fanno sorridere, come mi fa sorridere mia madre che mi chiede cosa voglio a cena, tu che ti mangi la sera? Lei che mi ha cresciuta e sfamata per una vita e ora conosce così poco le mie abitudini. Questi giorni glieli devo. Li devo a loro, a me, al mio essere parte di una famiglia. Vorrei ci fosse anche mio marito qui, che questi riti fossero anche un po’ i suoi, che questi posti appartenessero ad entrambi. E so che mi sentirei più felice e meno malinconica. Anche se la solitudine la amo, la cerco e ne ho bisogno, ma avremo presto modo di stare insieme, tra i nostri posti. 

Bagnini e bagnanti

Passano gli anni, le generazioni, le mode, i tagli di capelli, i colori dei costumi… ma lo stuolo di sgallettate appollaiate sotto l’ombrellone dei bagnini, belli e brutti che siano, è una certezza intramontabile. Altro che Winner Taco.

Ed ebbene sì, ci furono anni in cui anch’io feci del mio meglio per tramandare la tradizione. 

Torridamente

Alla fine questa estate 2015 si è rivelata una gran bastarda, caldo soffocante, afa, cappa,  temperature tropicali che a me personalmente fanno assai rimpiangere le pioggie di giugno.

Sono sul terrazzo, inutilmente in cerca di refrigerio, anche se l’accoppiata birra e taralli piccanti non è proprio il massimo contro il caldo. Ma dato che per rendere un minimo decente il mio piccolo terrazzino mi sono fatta un mazzo tanto, cerco di godermelo un po’.

È finita un’altra settimana, devo dire che nonostante tutto ancora tengo botta e lavoro tranquilla. Da una settimana inoltre si è chiusa un’altra grande stagione WSP, per cui mi godo il primo weekend completamente libero. È stato un altro anno intenso e faticoso ma che come sempre ci ha regalato tante soddisfazioni e ora bisogna già lavorare perché anche il prossimo sia tale.

Sono ancora bianca cadaverica, non sono ancora riuscita a godermi una giornata di piscina in santa pace e dubito di poterlo fare questo weekend. Le cose da fare sono sempre tante, i panni d’estate lievitano, la polvere ancora di più, ma va bene così.

Non vedo l’ora che finisca questo luglio moscio e  torrido e iniziare la mia estate. 

Per ora, aspetto e sudo. 

A ciascuno il suo

E poi, due file di ombrelloni più giù, ti capita di rividere, dopo circa 15 anni, quel tipo che ti era piaciuto un sacco ma che proprio non ti riservava il benché minimo sguardo, anzi aveva finito col fidanzarsi con una delle tue amiche della comitiva estiva.
Ebbene è sempre un bel tipo, non si ricorda di te, o almeno così finge, ha sfornato 3 bambini e si ritrova accanto una moglie apparentemente acida, insulsa, che non la smette di urlare ai tre gnomi lagnosi, con la ciccia che balla e la cellullite a pacchi.
E una nikon, una nikon di quelle plasticose, con l’obiettivo a conetto, a cui intima alla moglie di scattargli l’ennesima foto mentre si atteggia a surfista sulla tavoletta giocattolo della figlia, e la moglie sbuffa, imbraccia la camera in modo maldestro, lontana, di lato. Non so immaginarmi più di tanto la sua vita ora, forse sì. Di certo quella foto però è venuta una cagata.
Almeno quella, forse, avrei saputo farla meglio.

Meno sette

Forse dovrei cominciare a fare mente locale sulla prossima partenza per non ridurmi sempre all’ultimo minuto.
Tipo iniziare ad indossare cose che teoricamente vorrei portarmi, fare mente locale su cosa dovrei portarmi, controllare medicine, attrezzature, scegliermi un libro, studiarmi la guida. Ecco cose così, vacanziere.

Un mese inutile

Mi annoio un po’ in queste ultime settimane, sarà per questo che sono arrivata a pensare che tutto sommato giugno sia un mese pressoché inutile.
Non succede nulla di importante, se non, quando ci dice culo, avere due giorni di vacanza in più. Le ferie sembrano ancora lontane anni luce, e quest’anno che le ho prenotate con un certo anticipo ancor di più.
E’ arrivato il caldo asfissiante, anche se da quando passo gran parte della giornata in ufficio, me ne accorgo di meno.
Gran parte delle attività estive ancora non sono iniziate del tutto, e tutto del resto è ancora a metà, almeno per me. La piscina aprirà questo week-end per cui arriveranno le prime bruciature, il sole a chiazze, l’herpes (ah no su quella mi sono portata avanti), il mio armadio ancorà è per metà estivo e per metà inutile, i capelli li ho dovuti scorciare un po’, ossia della metà, e fanno di nuovo quella piega insopportabile all’insù all’altezza delle spalle. Poi ora asciugarli diventerà improbabile e vai con due mesi di riccio indisciplinato e cipolle permanenti. Anche i piedi ancora faccio fatica a scoprirli, ma con le ballerine adesso il rischio vesciche è sicuro.
Le gambe color mozzarella le risparmio alla mia vista suscettibile, inoltre non ho ancora completato l’operazione ceretta estiva, ossia quella che completa anche le cosce che durante l’inverno ci possiamo anche risparmiare.
Che pizza. Avevo iniziato un buon allenamento camminando per un’ora la sera con Holghina, al rientro da lavoro, ma adesso con questo caldo se mi becca una delle canare del quartiere mi denuncia pe maltrattamenti.
Non riesco ad essere entusiasta dell’estate, si sa, però l’anno scorso avevo più energie, più voglia di uscire, tirar tardi. Ma infatti è anche così, sarà così, spero, ma a luglio.
A luglio è estate, c’è roma sul tevere, almeno uno dei miei lavori è in ferie e posso tornare a poter godere di qualche week-end come tutti i cristiani. E’ il mese delle cene di chiusura, delle cene dei saluti, degli aperitivi a tirar tardi, ingannando il tempo in attesa di decollare.
Toh, quest’anno vorrei anche andare ogni tanto al mare, pensate quanto so matta!
Fortuna che questo week-end piove.
Insomma mi annoio a giugno, per cui, ti sbrighi a finire?