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Resurrezione

C’è stato un tempo in cui a Pasqua si andava spesso fuori per fotografare i riti della Settimana Santa dove possibile e dove più interessanti. Puglia, Portogallo, Ungheria e Romania, soprattutto, per la Pasqua Ortodossa.

È tanto che non capita più, ma ogni anno in questo periodo, ripenso con gioia a quei giorni e a quello che ci hanno regalato, a quello che la fotografia è per me: una finestra sul mondo anzi, una porta attraverso cui attraversare ed entrare in mondi diversi.

La Pasqua ortodossa in Romania è tra le mie preferite. Non facile e non così colorata e apparentemente spensierata, eppure tra le più lontane da quest’ottica di scarificio, espiazione e pentimento ad ogni costo, tipica della religione cattolica. Nessuno si batte o si flagella, i bambini vanno a caccia di uova e si benedice il cibo e la fortuna che si ha.

Così in questa Pasqua 2022, forse finalmente più libera rispetto alle due precedenti, ripenso a quei luoghi, chiudo gli occhi e mi immagino di stare lì, un po’ in tutti i posti dove sono stata, ed ero felice. Tra i bimbi che cercano le uova ad Holloko o i giovani amanti che si corteggiano a suon di gavettoni; tra i vicoli colorati del Portogallo o in quel paesino sperduto tra la nebbia e un albergo triste e sconsolato. Oppure tra il verde a non finire della campagna rumena, tra i drappi colorati e gli ingressi di legno intarsiati del Maramures o tra i paesini della Bucovina.

Ogni Pasqua per me è anche occasione di pentimento… per non aver dedicato il giusto tempo e visibilità ai miei progetti , lasciati nell’oblio di hard disk che sembrano sempre lì lì per abbandonarmi. Ma anche Resurrezione, per provare a dare nuova vita a queste foto, un’altra chance a loro… e a me.

Buona Pasqua ma soprattutto, buona resurrezione!

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La forza della fotografia

Ieri abbiamo organizzato una serata con un fotografo bravissimo che ha presentato un progetto sull’autismo. O meglio, sulla storia di una famiglia, di due genitori che, di fronte ad una notizia che scuoterebbe e annienterebbe qualsiasi genitore, si sono rimboccati le maniche e hanno creato un’associazione che potesse non solo aiutare i loro figli ma tante altre famiglie, per non lasciarle sole.

Sarà banale, lo so, ma da quando sono mamma le storie che riguardano madri, padri e bambini mi toccano più in profondità e non nego che, durante la proiezione del documentario, ho a stento trattenuto le lacrime. Ho rivisto sogni, gioie e pensieri comuni a tutte le coppie che scoprono di aspettare un figlio e si creano aspettative su quello che sarà d’ora in poi la loro nuova famiglia. Aspettative e desideri infranti quando Vincenzo e Antonella hanno iniziato a rendersi conto che qualcosa non andasse, che c’era qualcosa di strano, sensazioni infallibili che solo un genitore può avere.

“Una mamma per un bambino è tutto, non era possibile che i miei figli non provassero per nulla,né un sorriso, né uno slancio di affetto”. Credo che vedere una mamma privata del sorriso del proprio figlio sia una cosa che spezza il cuore per sempre. E come si fa a ricomporlo?

Con l’amore, un amore e una forza sconfinata e cho visto in questi genitori che, da soli, hanno imparato a comunicare in una maniera tutta loro ai due figli, a gioire anche dei non sorrisi, a riconoscere in uno sguardo, una mossa, un gesto un miliardo di significati che nessuna parola potrebbe raccontare.

Una storia che davvero mi ha toccata, al di là della fotografia, che anche questa volta si conferma il mezzo attraverso cui venire a conoscenza di storie e persone meravigliose che diversamente non avrei mai conosciuto.

Di ritorni, rimpianti e nostalgie

È un periodo frenetico e carico di cose da fare. A lavoro, salvo che esco qualche ora prima, sono tornata a pieno ritmo… diversi progetti in corso e anzi, dovendo lavorare meno ore, praticamente non mi fermo mai. Il che è meglio perché ho trascorso i primi mesi di rientro piuttosto scarica e le giornate non passavano mai e mi ritrovavo a pensare continuamente a mia figlia e a guardare le foto sulla gallery del cellulare.

Sta finendo la stagione dell’associazione, una stagione strana perché credo sia stata la prima che fondamentalmente ho seguito totalmente a distanza. Staccando del tutto praticamente mai, ma fisicamente sono rientrata per la prima volta ad un evento qualche settimana scorsa ed era quasi un anno.

Mi manca tantissimo stare lì più spesso. Credo sia davvero la mia seconda casa, uno dei posti in cui mi sento più libera e a mio agio in assoluto, e sentirmici quasi un ospite mi fa un effetto strano. Non conosco praticamente nessuno studente quest’anno, anche se già da prima era sempre più difficile poterci essere di più. Di fatto, mi ritrovo a fare per il wsp le stesse cose che faccio per i clienti di agenzia: la comunicazione.
Mentre se chiudo gli occhi e potessi esprimere un desiderio… beh io vorrei stare sempre lì. Anche se cè puzza, se c’è muffa, se è piccolo, se è scomodo e il vino non è un gran che. Se dovessi scrivere un libro anzi, in tutti i libri che non ho mai scritto ma ho pensato, la mia protagonista avrebbe un posto così.
Mi manca fare foto, anche se quasi meno della vita lì. Forse perché nella fotografia è tanto che non ritrovo più quella leggerezza di un tempo. Perché quando finisci in alcuni giri devi prendere tutto sul serio quasi per forza e si rovina un po’ tutto.

Però era bello fotografare, tanto, sempre, fare quelle foto lì, quelle foto mie.
Tirando un pò le somme, quando ti ritrovi ad avere così poco tempo per te stessa, mi chiedo cosa mi manchi di più di quel mondo lì, quel mondo da cui tutto poi nella mia vita è cambiato per sempre. Si può dire che è dalla fotografia che sono partita per diventare poi mamma, visto che è in questo mondo che ho conosciuto mio marito.

Vedere persone vicine che vanno avanti, che cela fanno, che hanno fatto una scelta una volta per tutte o che riescono semplicemente a conciliare di più le cose, mi punge un pò. Mi chiedo cosa sia mancato in me per avere la stessa… determinazione? capacità? tigna? fortuna? soldi? fiducia in me stessa… o in quello che stavo facendo?

Non lo so, è  tutto un rimettere le carte in tavola questo periodo, le mischio e le rimischio ma non riesco mai a chiudere una partita.

E poi però c’è l’asso.

Respira

È stato un weekend intenso di fotografia. Sabato bellissima visita guidata alla mostra Di Vivian Maier a Roma insieme ad alcuni studenti. È bello far conoscere loro gli autori e approfondire insieme un po’ di storia della fotografia. Oggi full immersion di masterclass dalle 9 alle 19 e ne ho approfittato per prepararmi la prossima lezione che farò su Diane Arbus, una delle mie fotografe preferite che ho avuto modo così di approfondire ulteriormente anche per scrivere un mio nuovo articolo che uscirà sulla rivista Erodoto 108. Ci ho impiegato tutto il pomeriggio per farlo, dopo settimane di studio. Non è facile per me, ho sempre avuto il pallino del giornalismo, per un bel pò ho anche scritto e sono stata ad un passo dall’esame da pubblicista (che però poi x la bellissima prassi all’italiana di molte redazioni poco serie secondo cui dovevo pagarmi da sola finti contributi, ho lasciato stare) ma ora che sono abituata a tutt’altro tipo di scrittura, calarmi in una sorta di saggistica è uno scoglio arduo, stimolante ma faticoso. Vedremo se andrà bene.

Tornando al mio lavoro “vero”, da domani mi aspetta una tre giorni per un’altra gara, tanto perché queste settimane erano state poco intense. Ma da giovedì stacco di 4 giorni… Spero di arrivarci viva e senza raffreddore! In attesa della lunga notte post referendum, cerco di godermi queste poche ore di riposo che mi sono rimaste. Stanca, esausta, ma tutto sommato soddisfatta.