Ieri abbiamo organizzato una serata con un fotografo bravissimo che ha presentato un progetto sull’autismo. O meglio, sulla storia di una famiglia, di due genitori che, di fronte ad una notizia che scuoterebbe e annienterebbe qualsiasi genitore, si sono rimboccati le maniche e hanno creato un’associazione che potesse non solo aiutare i loro figli ma tante altre famiglie, per non lasciarle sole.
Sarà banale, lo so, ma da quando sono mamma le storie che riguardano madri, padri e bambini mi toccano più in profondità e non nego che, durante la proiezione del documentario, ho a stento trattenuto le lacrime. Ho rivisto sogni, gioie e pensieri comuni a tutte le coppie che scoprono di aspettare un figlio e si creano aspettative su quello che sarà d’ora in poi la loro nuova famiglia. Aspettative e desideri infranti quando Vincenzo e Antonella hanno iniziato a rendersi conto che qualcosa non andasse, che c’era qualcosa di strano, sensazioni infallibili che solo un genitore può avere.
“Una mamma per un bambino è tutto, non era possibile che i miei figli non provassero per nulla,né un sorriso, né uno slancio di affetto”. Credo che vedere una mamma privata del sorriso del proprio figlio sia una cosa che spezza il cuore per sempre. E come si fa a ricomporlo?
Con l’amore, un amore e una forza sconfinata e cho visto in questi genitori che, da soli, hanno imparato a comunicare in una maniera tutta loro ai due figli, a gioire anche dei non sorrisi, a riconoscere in uno sguardo, una mossa, un gesto un miliardo di significati che nessuna parola potrebbe raccontare.
Una storia che davvero mi ha toccata, al di là della fotografia, che anche questa volta si conferma il mezzo attraverso cui venire a conoscenza di storie e persone meravigliose che diversamente non avrei mai conosciuto.