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New adventures in RAI

È iniziata oggi un’altra (lunga) avventura letteraria. Fino a maggio frequenterò un corso di scrittura alla Rai in Via Teulada, un bell’impegno visto che si tratta di 12 incontri di tre ore e più, più il viaggio in macchina che dovrò farmi, ma penso ne varrà la pena. Sono già al quarto (o quinto?) corso ed è sempre bello vedere l’innamoramento che hanno certi docenti e scrittori per la narrativa. Ognuno dà una sua interpretazione e ciascuna offre sempre un punto di vista in più affascinante. Siamo parecchi e come sempre ci sono un po’ di invasati o persone che si sentono sempre pronte a dir la loro anche se il più delle volte sparano cazzate a cui i moderatori riescono sempre a trovar un senso che lì davvero capisci che sono qualcuno.

Poi mi fa sempre ridere quel fenomeno della suddivisione dei posti. Tra chi si affretta alle prime file chi, come me alle ultime. E quando qualcuno interviene da qui ti accorgi sempre che, fatalità, era uno dei ritardatari che scalpitano per riacquistare posizioni. Mi sembra una calzante metafora delle diversità del genere umano. 

All’inizio la fauna mi sembrava un po’ sospetta, un sacco di gente di una certa età (che per carità…) e soprattutto che si conosceva tra loro. Poi ho capito che erano tutti figuranti tra Porta a porta e La vita in diretta. 

Fa un certo effetto varcare le soglie della Rai. Quelle antenne giganti e quella luminaria che fa tanto Belpaese… e infatti poi ti ritrovi in una sala ferma agli anni ’80, malmessa e che sa un po’ di muffa, con bagni stile autogrill Salerno – Reggio e ti chiedi ancora una volta che fine facciano i tuoi soldi dell’abbonamento. 

Insomma, spero ne valga la pena visto che nella mia già piena vita, è un impegno non poco oneroso. Intanto la prossima settimana ci sarà ospite Dacia Maraini. È dai tempi di scuola che non leggo un suo libro, tanto per rispolverare un altro po’ quel sentimento revival che già ho vissuto oggi rifacendo strade che ai tempi di liceo e università mi erano così familiari mentre oggi mi sentivo un po’ la cugina di campagna. 

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Cortili d’inverno

E così ieri si è concluso anche questo terzo laboratorio di scrittura. Un percorso lunghetto, che ha toccato più tematiche, dal racconto breve, alla sceneggiatura, al giornalismo, e che dato l’inverno buio, intenso e tempestoso, ho avuto un po’ di difficoltà a seguire con costanza.
Scrivere è difficile. E non dico scrivere bene, quello viene poi o per alcuni è un dono. Occorre costanza, calma o a anche ansia, a seconda di come ci sentiamo più predisposti alla creatività. Ma sicuramente, come per tutto, ci vuole tempo. Il bene più prezioso e assente di tutti noi.

Il nostro piccolo circolo di scrittori stinti cercherà di andare avanti, nonostante le difficoltà, perché scrivere e leggere e stare insieme ci fa bene.

Comunque, giusto pour divertissment, pubblico il mio “saggio” di fine anno, nello specifico un esercizio sul dialogo il cui titolo è, appunto, cortili d’inverno.

– Eccoti. Sono arrivata prima, mi stavo congelando così intanto sono entrata. Che freddo assurdo, hai sentito?
– Siamo a gennaio, che ti aspetti, di girare in canottiera? Comunque hai fatto bene.
– No certo, per carità, ma un clima così di merda come in questa città non l’ho mai trovato. Va bene il tavolo? Ho scelto questo con vista sul “déhor”, è il tuo preferito, giusto?
– Se lo dici tu, ma va bene.
– Che poi, chissà perché questa moda di chiamarli “déhors” e non cortili. Sono solo dei semplici e a volte squallidi cortiletti.
– Non sono cortili, sono déhors.
– Ma è la stessa cosa su, è questa mania dei torinesi di darsi per forza un tono.
– Quello che abbiamo di fronte casa nostra e dove piscia sistematicamente Audrey, anche se non potrebbe, è un cortile. Questo, invece, è un cazzo di déhor. C’è un fottuto gazebo o una qualche struttura riscaldata antipioggia, antifreddo, antitutto in un déhor. Quindi, non è una moda, è italiano o architettura, come cavolo preferisci.
– Ok madonna mia, quanto ti scaldi. Nel frattempo comunque ho anche ordinato da bere. Ti ho preso un Merlot, giusto? Per me uno Spritz… qui lo fanno da Dio, anche se impiegano tre ore a portartelo. Ah ecco, fai cenno alla ragazza, le avevo detto che ti stavo aspettando.
– Veramente avrei preferito una birra… comunque. Hai messo il vestito rosso, non è troppo pretenzioso per un aperitivo con vista cortile?
– Idiota. – Adele sorride e inizia ad agitarsi sul tavolo – Mi hai detto che era un’occasione speciale…
– Veramente ti ho detto che dovevo parlarti.
– Beh appunto, non parliamo mai… è un’occasione speciale! Che ti ho detto, ancora non c’è traccia delle nostre consumazioni… quanto son lenti. Volevo aspettare per fare un brindisi o magari trovarmi l’anello al posto del ghiaccio ma sono troppo emozionata… dai ti ascolto.
– Ma di che parli?
– Dai non fa niente, farò finta di essere sorpresa e tutto il resto però ti prego, non resisto più! Io sì, sì, lo voglio! L’ho sempre voluto! Cos’hai lì dentro eh, che da quando siamo entrati non fai che agitarti sulla sedia e guardare la 24 ore.
– Certo che sei unica.
– Uh lo so trésor, grazie!
– Allora, tesoro, eccoci. – Andrea tirò fuori dalla borsa un plico spesso di carte, da cui spuntavano post-it colorati un po’ ovunque. Posandolo sul tavolo fece un rumore sordo e sollevò un lieve strato di polvere.
– Ecco il mio nuovo contratto di lavoro. Ce l’ho fatta alla fine, sai? Ho ottenuto quella promozione, quel posto di prestigio per cui tu e tuo padre mi avete scassato le palle per anni. 200 mila euro annui, benefit, auto aziendale, un team di 50 persone a disposizione per dirigere la nuova sede di Londra.
– Londra? Wow amore ma, ma è fantastico! Finalmente lasceremo questa città triste e noiosa.
– No tesoro, io. Io lascerò questa città bellissima anche se di Londra non me ne frega una mazza, così come di questo lavoro. Ma lo accetterò pur di andarmene e lo farò da solo o meglio, con Silvia, sì quella con le tette grosse e la taglia 44 e che ogni volta ti fa inorridire perché veste da H&M e non si cura la riscrescita. Ti lascerò qui a rigirarti nelle tue lenzuola di cotone egiziano al profumo di sandalo a pensare a tutti i soldi che avresti potuto spendere alle mie spalle, alle cene di gala, alla beneficienza finta, al lusso che non avrai. Almeno, non sulla mia pelle.
Le labbra di Adele avevano iniziato a tremare e le sue dita ossute non smettevano di torcersi quei ricci che avevano osato sfuggirle dallo chignon.
– Ah e per inciso, ti sbagli. Non sono affatto lenti in questo posto perché non ci ho messo un cazzo a dirti tutto quello che pensavo da mesi, anni e uh, guarda, ecco il tuo Spritz di merda.
Io, vado a farmi una birra.

Questione di incipit

Ho iniziato il nuovo corso di scrittura e stavolta sono davvero entusiasta. A dire il vero, ho fatto solamente due lezioni, ma mi sento piuttosto fiduciosa. Che poi non so bene per quale motivo segua questi corsi, se per socializzare, dare un senso extralavorativo alle mie giornate, oppure fare davvero qualcosa.
I racconti, così come le foto, mi scorrono a non finire in testa. Idee, appunti, fatti verosimili, sogni… ma finiscono per lo più col rimanere rilegati in cassetti chiusi nella mia testa, o tutt’al più qualcuno arriva qui. Eppure quando sono lì, in quel piccolo cerchio, un circolo di pickwick al centro del quadraro, mi sembra che tutto diventi possibile. Tornare a casa e scrivere, farlo davvero. Raccontare.
Che poi, il problema è sempre cominciare. Iniziare. Come, appunto. Per non parlare della fine. E’ che ti giochi tutto in quelle prime 3-5 righe, se sbagli, sei fottuto. Se non agganci nessuno, cadi nel vuoto.
Comunque, al di là dello scrivere, il bello di questa tipologia di corsi è avere input letterari non di poco conto. Ad esempio ho adorato i libri di Nabokov, il Dono è tra i miei romanzi preferiti, e non sapevo avesse scritto anche  racconti. Perché, di fatto, io odio i racconti, ma devo per forza di cosa conoscerli, così dopo Seadaris e Carver, ho deciso che saranno la mia prossima lettura. Ieri rileggere alcuni incipit di romanzi famosi è stato bellissimo. Bellissimo rileggere la divina commedia, l’Iliade, che dio mio che gran voglia ho di rileggere. Rileggere alcuni testi sacri, con gli anni sulle spalle, penso sia un’esperienza fantastica. Un nuovo modo di essere e interpretare il mondo, trovare nuove chiavi per interpretarli. Ecco, il modo in cui Alessandro, il mio insegnante, mi ha fatto rileggere in questi due giorni l’Iliade, mi ha davvero affascinato.

Ad ogni modo, esercizio istantaneo della serata di ieri. Riscrivere l’incipit di una storia. Vediamo se indovinate di quale si tratta.

“Odiava quella mantella. Troppo lunga, scomoda e pesante. Finiva sempre con l’impigliarsi tra gli intrecci del cestino delle merende, spargendo pelucchi rossi per tutta la foresta”.

Questo, invece, il re degli incipit, del re dei romanzi. Di chi parliamo?

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