Insomma c’è stato un periodo della mia vita, che ora mi sembra lontanissimo, in cui potevo tutto sommato considerarmi una persona acculturata.
Leggevo e studiavo tantissimo, libri, manuali, giornali. Vedevo tanti film, tutti impegnati, molti francesi. Li recensivo, persino. E li adoravo.
Poi è iniziato un lento declino. Sicuramente dopo la fine dell’università. Quando stavo col deficiente. Che sì mi portava spesso al cinema ma di francese rimanevano sole le crépes che ogni tanto poi ci mangiavamo ad arco di travertino.
Se penso invece a quei lunghi anni di scuola, che ora mi sembrano così pochi rispetto al resto della vita che mi attende, in cui dovevo solo studiare, leggere e quello era il mio dovere, mi assalgono enormi dubbi di non averne approfittato a sufficienza. E mi tornano in mente le parole sibilline della mia professoressa di chimica:
“studiate adesso, fatelo. Anche se so che adesso non ve ne importa nulla, anche se non vi piace. Fatelo. Avete un grande privilegio che non tornerà più indietro.”
Verissimo. E io per un periodo la chimica volevo farla davvero.
Studiare per me oggi è un privilegio. Che ogni tanto a dire il vero posso concedermi a lavoro, perché devo rimanere sempre aggiornata e migliorarmi. Ma non è più come prima. La mente è più pigra, fa mille giri, si distrae e di quello che leggi ti rimane molto poco.
Purtroppo anche di tante cose imparate nel passato mi è rimasta poca memoria. Ad Atene facevo persino fatica a distinguere le lettere, e sì che andavo bene in greco eh, ma ricordarsi verbi, declinazioni… giammai.
Penso sia normale, che per quanto scientificamente il nostro cervello sia sottosfruttato, l’impressione è sempre quella che sia sovraccarico e andando avanti decida lui dove immagazzinare le informazioni, quali stipare in posti troppo scomodi da raggiungere e quali addirittura buttare. Ovviamente lo fa adattandosi a te. A ciò che ti serve.
Molta colpa infatti è mia. Dovrei e potrei fare di più. Quando lavoravo all’università, e facevo un lavoro di merda, sentivo più l’esigenza di elevarmi in qualche modo. Anche il gran tempo sui mezzi pubblici mi aiutava a poter leggere di più.
Adesso invece che ho bisogno di maggiore concentrazione, nei momenti liberi cerco più svago, più leggerezza, semplicità. E troppo spesso le immagini sostituiscono le parole che, invece, restano e resteranno per sempre il mio primo amore.
Mi sento un po’ abbrutita. Lo ammetto.
Mi mancano alcuni discorsi. L’altra settimana con gli amici del circolo di scrittori falliti, si parlava come capita spesso di libri e cinema. Ed io detesto non sapere più quale sia l’ultimo film che ha vinto Cannes o il Sundance. Di non aver visto Youth o l’ultimo dei Dardenne di cui ho scritto parole su parole, perché alla fine sono andata a vedere quella cazzata di Fury sprecando una delle rare sere in cui oramai mi concedo il cinema.
Lo so che dovrei innanzitutto disintossicarmi di serie TV. Lo so. Eppure esimi colleghi riescono a conciliare tutto anche con la serialità.
Comunque, se non altro, ora sono due giorni che non mi stacco dalla Ferrante.
Ho divorato in due giorni l’amica geniale, ve lo consiglio davvero. Una storia bellissima e intensa, quella di Lila ed Elena, che non vedo l’ora di scoprire sempre più anche se so che mi dispiacerà tantissimo quando finirò la quadrilogia. Scritto benissimo, una Napoli che solo chi conosce può descrivere così e chi non la ama non può che invece esserne sedotta. Uno di quei libri che ti fa male per quanto senti vero. Che ti lascia con un misto di bene e malessere, perché ti sembra a te di vivere certe esperienze, salvo poi sentirti così fortunata di aver fatto la scelta giusta. Di leggere, bene, anziché cazzeggiare.
La mia professoressa di italiano una volta ci disse: “godeteveli questi anni (del liceo), perché sono i più belli della vostra vita”.
Eh già