Vi ho mai detto quanto adori il sabato? Chi non l’adora, certo, ma per me è davvero un giorno speciale. Adoro sapere che domani non dovrò andare a lavoro, che posso fare tutto con calma, anche se il più delle volte diventa una giornata in cui incastrare mille cose. Da tempo non sono più una viveur del sabato sera, il più delle volte lavoro e comunque ho scoperto che fare troppo tardi non posso permettermelo più. Noi emicranici siamo abitudinari, e cambi nel sonno/veglia o addirittura troppo riposo ci regalano un gran bel mal di testa. E in effetti io nel weekend ho una faccia che manco quando faccio nottate a lavoro.
Ma la cosa che più amo del sabato è l’immaginazione. Il pensare di poter fare mille cose, di andare all’Ikea, o a una mostra, in centro a fare shopping, a cercare i mobili o gli accessori per la casa che devo sostituire da tempo, a lavare la macchina, a chiudermi ore in piscina a fare il morto a galla. Il più delle volte non faccio niente di tutto ciò, tranne la piscina. Andare di sabato mi piace troppo. Allungarmi dopo la lezione, farmi una bella doccia lunga, prendermi i miei tempi. E poi le passeggiate con Holga. Dopo 6 anni ancora scopro cose nuove di questo quartiere dove, in effetti, c’è tutto ciò che serve. Ad esempio oggi ho contato ben 4 alimentari nel giro di meno di un km, più due frutta e verdura e due minimarket bengalini. Io non ci compro mai, sono la classica capitalista da supermercato, ma neanche troppo furba da frequentare gli iper dal risparmio assicurato. Invece oggi ci vedevo dentro un sacco di gente, a comprare cose tipo pane fresco, pasta all’uovo, la carne e il pesce buoni. E poi i parrucchieri, ce ne sono anche di quelli almeno 5 sempre nello stesso raggio, oggi ho scovato persino un centro estetico ayurveda, un nail art e poi ci sono il tatuatore e il negozietto di vinili dove ancora non sono mai entrata e il calzolaio che mi ha cercato per mari e monti dopo che ci ho lasciato un paio di scarpe per quasi due anni. E il parco dell’appi antica, cacchio se è bello quello.
Oggi per la prima volta ho portato dei cappotti in tintoria. Il proprietario fuoriuscendo da una nuvola di vapori chimici mi ha salutato con entusiasmo, ma poi si è corretto: Mi scusi l’avevo scambiata per un’altra persona. Già perché la donna di quartiere, aimè, non sono io.