Diario serbo-turco-balcano

Anche se, ridendo e sbuffando, è già quasi trascorso un mese dal bellissimo viaggio estivo, ecco qualche nota di viaggio che chissà, magari a qualcuno potrà tornare utile, anche se dubito vi eviterà facce strane e sorrisi spenti quando comunicherete ad amici e conoscenti di aver preferito niente meno che i Balcani a più blasonate mete transoceaniche o caraibiche.

  • Belgrado: la città inizialmente mi ha lasciata perplessa. Non posso dire che sia bella, a differenza di altre città dell’Est (tipo Tallin, Vilnius o Riga) che nel frattempo si sono trasformati in veri e propri gioielli turistici. Proprio per questo, Belgrado è una città autentica, dove respirare la stessa aria dei conterranei. Difficilmente sarete assaliti da orde di turisti, potrete sedervi in uno delle centinaia di locali carini che la città vi propone e mischiarvi tra i ragazzi serbi con nonchalance. Chi ama le atmosfere parigine inoltre sarà felice di cenare nel dehors di uno dei tanti localetti bohemienne a Skadarlija, musica tzigana al posto delle armoniche. Non stupitevi però se al momento di pagare vi presenteranno un conto scritto in cirillico e rimarrete con il dubbio di non aver consumato proprio tutte quelle voci.
    Girandola un bel po’ poi ti accorgi che ha tantissime facce, oltre a quella ricostruita e imbellettata del centro, ci sono ancora le ferite aperte della guerra, testimoniate dai diversi edifici bombardati ancora lontani dall’esser ricostruiti, oltre che l’influsso comunista soprattutto nell’architettura similsovietica del quartiere Novibeograd. Un alveare squadrato di casermoni, grigi in una giornata grigia, ma fotograficamente davvero interessanti, da perderci le ore.
    La street art è molto diffusa, il mercato come sempre si rivela una figata da fotografare e le persone, seppur sembrano sempre perennemente incazzate, specie se anziane, sono tranquille. Il lungo fiume è un po’ triste rispetto ad altre capitale che si giovano delle carezze del Danubio. Si mangia diciamo bene, soprattutto carne, carne e carne a prezzi decisamente convenienti.
  • Guca: ovvero, il festival più pazzo del mondo. Spesso ci siamo interrogati come sarebbe stato un festival del genere in Italia, con la possibilità di fare quel che cavolo ti pare praticamente H24, tra bere, fumare, ballare ecc ecc ecc. E di gente strana ce n’era, ma il tutto amalgamato in un caos piacevolmente equilibrato e tranquillo, nonostante per circa 3 giorni abbiamo perso l’uso dell’udito. Il caldo ci ha massacrato, tra le temperature alte e il fumo e il calore proveniente dai centinaia di spiedi arrosto sparsi per tutto il paese, è stata dura. Per fortuna che la Sòra Milena ci ha messo a disposizione un bellissimo gazebo di fronte alla nostra casa dei nanetti, ed è stato piacevole fare editing tra caffè turchi, sorsi di rakja e fughe al bagno.
    Di per sé il festival non mi ha dato grandi spunti, un po’ una grande fiera, come sempre più sta diventando il San Lazzaro Cubano, ed è stato davvero difficile isolare qualcosa di più interessante. Mi sono innamorata infatti delle giostre, della luce al tramonto poca prima che si accendessero le luminarie, tra i volti rugosi e bruciati dei veri giostrai zingari, con i denti d’oro, le panze prominenti e le barbe come mangiafuoco.
  • La Macedonia: se qualcuno dovesse farsi beffa di voi perché avete scelto questa meta, così come la Romania del resto, sorridete. Tante persone si perdono la possibilità di visitare posti belli, a portata di mano e soprattutto molto economici per chissà quale pregiudizio. La Macedonia è tutto un susseguirsi di montagne dolci, vaste distese di un verde lussureggiante e accogliente, monasteri nascosti tra le rocce, paesini dalle case basse e dalle persone pronte ad ospitarti per offrirti un caffè e fare due chiacchiere, in tutti i gesti del corpo possibili. Città come Bitola, Ohrid, Skopje mi hanno tolto il fiato ma non per la bellezza, perché certamente non posso paragonarle a capitali come Parigi o Londra, ma per l’atmosfera magica che le avvolge. Sei in Europa ma ti sembra di esser immersa in un’alta realtà, in un coacervo di culture che sembrano integrarsi a perfezione e dove tu, pur sentendoti un po’ fuori luogo, vieni piacevolmente immerso. I profili delle Moschee che si trovano un po’ ovunque, le più moderne delle quali hanno l’aspetto di navicelle spaziali, con le cupole dalle tinte sgargianti d’alluminio, il muezzin che risuona quando tu ovviamente non te l’aspetti, i bazar, l’odore di thè misto a quello lacustre, di un lago però che sembra mare per quanto è grande, che ti porta fino in Albania, che ha un’acqua trasparente e bellissima e calda e che mi verrebbe da consigliare a tutti gli amici patiti del mare. Skopje è una cittadina assurda, con un centro nuovo che muore dalla voglia di imporsi nel mondo, con i monumenti enormi che sembrano casinò di Las Vegas, le statue equestri imponenti che cozzano con i viottoli della città vecchia, un open bazar con vecchietti che giocano a scacchi, donne velate, vecchie botteghe e barbieri aperti fino a tarda notte.
    Che dire poi del Canyon Mathka, di quell’albergo incastrato nel dirupo, la terrazza del ristorante a lume di candela.
    A Dhiovo abbiamo dormito in una residenza d’epoca bellissima, anche qui gli ospiti ci hanno accolto come persone di famiglia, in un giardinetto fatto di travi di vite, fiori freschi e mobili di legno, offrendoci biscotti caffè, racconti e le coccole di Bruno, un cucciolone di labrador nero che difficilmente dimenticherò.
    Anche Jose, il pazzo logorroico di Ohrid sarà difficile dimenticare, soprattutto per le improbabili decorazioni ad elefante fatte con gli asciugamani più duri che abbia mai sentito dopo i miei e i 40 gradi della mansarda, a picco sotto solo il sole. Ma per fortuna che il suo pozzo privato ci refrigerava con acqua fresca H24, buonissima!
  • Istanbul: che dire. Sicuramente 12 giorni in giro su e giù e con botte di 4/6 ore di macchina tra una destinazione e l’altra un po’ hanno influito sulla stanchezza. E poi passare dai villaggetti ai 16 milioni di abitanti è stato un trauma non indifferente. Il caldo anche qui ci ha messo a dura prova e il tempo purtroppo era poco per concedersi pause. È bella, io poi tra quei negozi di spezie, argenti e monili ci passerei le ore ma il troppo mi ha destabilizzata, il non saper dove guardare, persino come inquadrare tanta mastodonzia. E il grandangolo non è proprio il massimo per foto così. Sì, per la prima volta sono tornata davvero con foto di merda, ma di merda eh. E con poche foto nostre, perché eravamo talmente distrutti dal caldo da essere improponibili! Vorrei tornarci, in un altro periodo e sicuramente per più tempo, perché credo che soprattutto la parte asiatica, che abbiamo toccato solo per pochi minuti, sia molto più affascinante e valga la pensa prendersi i tempi giusti. La moschea blu mi ha davvero lasciato a bocca aperta e credo sia una delle costruzioni più belle che abbia mai visto, ma anche in questo caso la confusione non ha affatto giovato. Per cui, non sono stata rapita dall’atmosfera turca, spero di rimediare.

Un viaggio ricco di tante cose, di tanti posti, con una compagnia fantastica e ben assortita che ha reso tutto più bello, più vivo. Come sempre del pacco di foto fatte non ci farò nulla, ma più le riguardo e più sono contenta, più ricordo e mi emozioni. Come sempre, è stato bello provarci.

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3 thoughts on “Diario serbo-turco-balcano

    • Se ti va, poi fammi sapere come l’hai trovato. Se invece non dovessi più sentirti, per me avertelo fatto scoprire è già una grande soddisfazione. Grazie a te per la risposta! : )

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