Eccomi al parco, di domenica mattina, con un bel po’di ore di sonno sulle spalle e il sapore del caffè di casa che ancora fa su e giù nel palato.
Tira una leggera brezzolina, il cielo è blù denso di nuvole morbide e tondeggianti, portatrici di sogni sparsi o forse solo di pioggia.
Ho con me un libro mediocre, un giallo condito con un po’di romanticismo ma che alla fine si lascia leggere. Holghina fa l’esploratrice di buche e radici di malva e cerca di controllarsi dall’istinto di lanaciarsi in folli corse a perdifiato per gli ettari millenari dell’appia antica. Stamattina niente compagni di giochi.
Porei rimanere qui ore e ore. Cullata solo da vento, cinguettio di uccelli e fruscio d’erba, con i rumori della città e dell’anima tenuti ben a distanza.
Forse lo farò, o forse alla fine cederò al mio senso del dovere e alla lezione di acqua gym prenotata e che inizia tra mezzora.
Andare, restare. Senza tempo, con i minuti contati. Cura del corpo, cura dell’anima.
Ecco che la soluzione arriva dal mio cane… che inizia ad abbaiare molesta a due fotografi naturalisti, super equipaggiati, che solo lei poteva notare, mimettizati tra tulipani e spighe. Meglio così. On y va.