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Di cose, di case

Mi piacciono le case. Non sono un’impicciona, ma sono felice quando qualcuno m’invita a casa sua e posso respirare un po’ di quell’essenza che ciascuno di noi libera tra le proprie mura domestiche. Le case sono belle perché nessuna è come le altre, eppure tutte si somigliano. Mi piacciono le case ricche di piccoli particolari. Se alle pareti sono appesi quadri o fotografie, cartoline, magneti sui frigo, librerie ikea, di cartongesso, di legno, colme di libri o servizi delle nonne, souvenir da paesi esotici, appunti di viaggi. Il bagno e le cucine sono le stanze che preferisco, dove davvero si liberano fantasia e creatività dei proprietari. Mi piacciono i bagni insoliti, con fotografie e trucchi e accessori sparsi un po’ ovunque e dove non dovrebbero stare.
Mi sono accorta che mi piacciono da morire le case con stile etnicheggiante. Il calore del legno, i colori di tovaglie, tende, suppellettili provenienti da posti lontani, che forse non vedrò mai. Non amo molto le case troppo ordinate, con mobilio pesante e antico.
Poi adoro quelle con il parquet, perché l’avrei tanto voluto anche io, perché mi ricorda le case dei paesi del nord, e chissà che un giorno non riesca ad averlo. Mi chiedo come mai non abbia adottato uno stile etnico per casa mia, ma credo che non si abbini molto con il mio spirito, che di fatto ha ben poco a che vedere con lo zingaresco. Piuttosto è un wannabe, mi sarebbe piaciuto esser così e,quindi, avere una casa così, ma sono altro. Il mio disordine mi sembra insopportabile vivendoci dentro, eppure quello altrui sembra avere sempre più senso, un senso bohemien e sofisticato.
Ogni tanto mi verrebbe voglia di cambiare tutto, di buttare tutto. Quando apro armadi pieni di cose e spolvero cose, inutili ma di cui sono incapace di privarmi, mi sento avvilita. Ma più mi guardo in giro e più penso che è così che sono. Un po’ un’accozzaglia di stili, caratteri, dettagli che sembrano fare a cazzotti tra loro e che probabilmente dipendono dalla mia infinita curiosità, all’aver messo le zampine un po’ ovunque, e aver saccheggiato qua e là ispirazioni e idee. E alla fine, aver tirato una linea. Perché, in apparenza, tutto sembra esattamente dove deve stare.

Capisco, quindi, la disperazione di chi casa non ce l’ha e lotta con tutte le armi che possiede, perché la casa è più di un tetto, è più di un surrogato, di una sovrastruttura borghese sulla proprietà privata. Le case siamo noi. Sono un prolungamento tattile della nostra anima, per questo possono essere rifugi ma anche prigioni. Perché non è detto che casa è dove decidiamo di vivere. A volte alcune case ci capitano, altre ci scelgono, e non sempre è facile separarsi.

Colonna sonora

 

Desaturata

Poi ci sono delle giornate così, in cui apparentemente niente va male, ma niente va troppo bene. Giornate in cui sai che il tuo umore non è dei migliori, ma ne ignori i motivi.
Giornate in cui ti senti fuori contesto. Un quadro piccolo e sbiadito, perso in un’enorme galleria.
Giornate in cui ti manca la pazienza oppure sono gli altri a non averla nei tuoi confronti. E anneghi in un bicchiere colmo d’inadeguatezza. Verso il mondo, verso gli altri, verso te stessa.
E non capisci di che colore vuoi essere, anche se indossi quello più vistoso.