Ho scoperto cosa mi manca di più della quarantena: il non sentirmi costantemente indietro rispetto alle persone che conosco, per non parlare del resto del mondo.
Per alcune settimane non sono stata più l’unica a non uscire, a non sentirmi in colpa se non ne ho voglia, se non ho voglia di organizzare pranzi, cene, incontrare persone. Non più l’unica a non andare al cinema, musei, mostre, aperitivi, a non viaggiare in giro per il mondo. A non andare in palestra, piscina, dall’estetista.
L’ansia delle performance è anche sociale. In questa continua sovraesposizione alle vite altrui, il male della paragonite affligge i più deboli, asociali e introversi. Ed ora che stento a tornare ad una vita “normale”, che non è poi così diversa da quella in quarantena, mi sento ancora più in difetto.
Non ho più molte amiche e le vedo con difficoltà, passo giornate intere sempre con mia figlia, girando un po’ tutti i parchi del circondario, camminare sta diventando la mia principale valvola di sfogo.
A parte i familiari, abbiamo rivisto pochi dei nostri amici, con uscite con il contagocce. Questo isolamento forzato ha avuto l’effetto di rafforzarci ancora, e preferire la nostra solitudine, le nostre cose, le abitudini tedesche, agli altri. Con la paura di trasmettere questa pigrizia sociale anche a mia figlia.
E più mi sento sciocca a fare questi ragionamenti, a pensare che dovrei smetterla di guardare profili sconosciuti e alzare gli occhi o il telefono, più non posso farne a meno.
È stato bello, anche se “solo” per due mesi, guararire dalla paragonite. E ricascarci di nuovo fa ancora più male.