A quest’ora, un anno fa, ero stata da poco ricoverata per la rottura delle acque. Non una rottura come tutte, ovviamente. Il sacco si era rotto in alto, quindi secondo il primo ginecologo che mi visitò alle 6:30 del mattino, non era ancora ora. Tra l’altro non avevo nessuno dolore. E quindi restai quasi un altro paio d’ore a gocciolare in sala di aspetto, fin quando il tutto fu più chiaro. O il ginecologo più preparato.
“Mettiti tranquilla che vedrai sarà lunga, non hai iniziato proprio nel migliore dei modi” – mi messaggiò la mia gineocologa a distanza. E vabbè. Dalle 9 abbiamo quindi iniziato a passeggiare per i corridoi, chiacchierare, ascoltare i pianti dei nuovi arrivati, ben consci che – più o meno a breve – sarebbe toccata anche a noi.
Verso le 16:00 sono finalmente iniziate le prime doglie e fin quando sono state “sostenibili”, ho continuato a camminare… ma alle 16:30 già non lo erano più quindi di corsa in sala parto per l’epidurale.
Ricordo ancora tutto nitidamente di quella giornata, di quelle stanze, i visi sempre sorridenti di medici e ostetriche, il monitoraggio, l’euforia dell’epidurale che mi faceva messaggiare a tutti manco fossi sotto l’ombrellone.
E poi dalle 19 si è iniziato a far sul serio. “Spingi spingi guarda che la vedo, guarda che ci sei”. E io non ci riuscivo, sentivo solo un dolore assurdo. “Devi spingere tra una contrazione e l’altra”. Ma come si fa? Non capisco, non sono capace. Aiuto. Quelle famose contrazioni che temevo di non saper riconoscere e che poi invece non dimenticherai mai.
E poi quando proprio pensavo di non farcela più, sei arrivata all’improvviso. E già allora ho capito che saremmo state una squadra fortissima. Mi hai aiutato tu, hai capito che ero stanca e impaurita e allora ci hai pensato tu. Tutta rosa, con la bocca a cuore, il pugnetto alzato… bellissima e nostra.
Non è stato facilissimo con te all’inizio, forse non eravamo ancora troppo pronte nessuna delle due ed io più volte ho pensato di impazzire, di aver sbagliato tutto.
Non è facile dimenticare quei momenti e scrollarsi di dosso i sensi di colpa per non averti capito da subito e per non aver avuto pazienza. Pazienza e amore sono gli unici ingredienti.
Ma ora non c’è giorno in cui ti guardo e non mi viene da ridere (o piangere) perché la vita con te è una figata, perché mi fai morire dal ridere,sei curiosa, divertente, affettuosa e quando mi chiami o mi baci o mi sorridi io mi sento per la prima volta nela mia vita, davvero speciale!
Siate pazienti con voi stesse e con i vostri bimbi. Tutto ciò che all’inizio vi sembrerà impossibile: dormire, riposarsi, riuscire a farsi una doccia, una passeggiata serena, un tragitto in macchina senza urla a squarciagola, poi magicamente tornerà (più o meno).
Cercate di non perdere un solo momento che vi fa stare bene, non abbiate fretta. Fretta di smettere di allattare (se lo fate), fretta di metterli nella culla, fretta di tornare a lavoro, fretta di vederlo crescere perché il tempo vola davvero e anche se certe nottate ti sembrano infinite, finiranno.
Non rimandate mai, aggrappatevi ad ogni istante che riuscite a trovare per voi stesse. Per ogni sciocchezza. Leggere, farvi una messa in piega, una ceretta, uno smalto… perché il vabbè lo faccio dopo, non esiterà più.
Non dimenticatevi che siete sempre voi, anche se madri. Non dimenticatevi dei vostri compagni, aggrappatevi a loro più che mai e fate squadra.
Auguri amore mio per avermi regalato una nuova vita, una nuova me. E auguri anche un po’ a me, che compio il mio primo anno da mamma e al marito, al papà migliore che potessi scegliere. Auguri a noi.