Anais Bazar

Tempo fa a pochi metri da casa aveva aperto uno di quei market indiani/bengalesi. Era ovviamente aperto fino a tarda notte e offriva i principali generi alimentari d’emergenza a prezzi modici: olio, sale, birra, schweppes digestive.
Loro erano simpatici e disponibili, mi dava un po’ l’impressione di abitare in una città cosmopolita e non in un quartiere residenziale qualunque e noiosetto. Una sorta di virgola di Torpigna. Ma infatti è durato molto poco.
Stasera imboccando la strada di casa, esausta e nervosa dopo aver impiegato un’ora per rientrare visto che avevo dimenticato le mie chiavi e son dovuta passare a recuperarle dai miei, una scena mi ha rasserenata.
Un nuovo market prossimo all’inaugurazione, tutto illuminato, lindo e pinto, con soli i proprietari ancora, credo sempre bengalesi, tutti orgogliosi e sorridenti a farsi le foto con il cellulare. Ecco, una scena tenera, semplice. Mo’ se dietro sti markettini ci sta la Yakuza, se quelli son poveri schiavetti, se i loro prezzi “bassi” manderanno in crisi quei due tre market polverosi di zona con il loro 20% in più sul listino, non lo so.
Poco prima sulla las vegas oderisi da gubbio mi ha sorpreso vedere due negozi identici, due piadinerie a 800 m di distanza. Le solite licenze intelligenti che ci fanno odiare gli uni con gli altri.
Penso che si invece, nella diversità, si possa cercare di convivere tutti e che forse proprio il quartiere può essere la base di partenza per l’integrazione, per il dialogo se solo tutti non fossimo così ottusi e chiusi nei propri preconcetti.
Benvenuti!

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